nale (immaginazione, fantasia, ingegno) nella
discoverta
dei fatti umani,
del mito come della poesia, dei riti religiosi come delle forme arcaiche
del diritto. In tale ambito il «Bollettino» ha offerto un’ampia, significati-
va quantità di contributi e di spunti per nuove direzioni di ricerca, con-
dividendo con la cultura italiana di secondo Novecento l’istintiva insof-
ferenza per le forzate ricostruzioni e gli insostenibili esercizi interpreta-
tivi sulla
semantica
e l’
etimologia
, da richiamare, invece, alle loro fonti
storiche d’ispirazione. È quanto ha attestato la prima serie della rivista
come il suo fondatore segnalava, nel 1979, all’illustre studioso Giuliano
Bonfante che aveva reclamato più attenzione alla linguistica. «Ma – gli
rispondeva Piovani nel novembre 1979 – tutti i primi nove numeri del
nostro
BOLLETTINO
mostrano che il Vico ‘linguista’ e grande filosofo del
linguaggio non vuole essere trascurato dalle nostre indagini, anche se, in
materia (come dicevamo una volta col compianto Pagliaro) avere contri-
buti qualificati sia particolarmente difficile»
46
.
Con gli accurati saggi critico-filologici del Visconti che, nel 1974,
hanno efficacemente ricostruito la polemica vichiana contro il conven-
zionalismo linguistico dei «grammatici latini» del Cinquecento, Giulio
Cesare Scaligero e Francisco Sanchez, un tema si è imposto almeno nei
primi quattro numeri del «Bollettino»: lo studio delle relazioni Vico-
Rousseau. Abbandonato il tanto facile quanto infecondo esercizio di
stabilire ipotesi e congetture su effettive relazioni dirette, la ricerca più
aggiornata ha cercato di riconoscere il senso di una riflessione su molti
temi d’interesse comune, partendo dalla concezione dell’origine del lin-
guaggio e delle culture, al centro di un intervento di Eugenio Garin del
1972 sulla storiografia moderna, da Porset a Cassirer, da Masson a
Derathé, da Starobinski a Derrida. Attingendo a fonti comuni, Vico e
Rousseau promuovono, ognuno a suo modo, una rivalutazione delle
forme storiche e simboliche del linguaggio poetico, lontano dai para-
digmi della razionalità formale e astratta, inadeguata a cogliere i con-
trassegni fantastici dell’età primitiva, a teorizzare un identico modello
di sviluppo nelle civiltà, secondo quella griglia «tassonomica» che, nel
1973, ha suggerito a Dario Faucci di avvicinare i due filosofi del Sette-
cento all’«antropologia strutturale» di Lévi-Strauss e ad Antonio Verri
di approfondire altri momenti della storia della filosofia del linguaggio.
I QUARANT’ANNI DEL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
29
46
Pietro Piovani a Giuliano Bonfante, Napoli, 12 novembre 1979, lettera in copia,
ora in Archivio della ‘Fondazione Pietro Piovani per gli Studi Vichiani’, cartella 6/l, c.
1. Di Bonfante cfr.
Vico e la linguistica
, in questo «Bollettino» X (1980), pp. 134-138.
1...,19,20,21,22,23,24,25,26,27,28 30,31,32,33,34,35,36,37,38,39,...196