Sono stati offerti originali contributi su Warburton e James Burnett
(Lord Monboddo) che, tra il 1974 4 il 1980, hanno restituito, in forme
sempre meno astratte e schematiche, i contenuti di una problematica di
interesse antropologico-linguistico in pensatori del Settecento europeo
idealmente solidali con Vico nell’avversione allo scientismo illuministi-
co di derivazione cartesiana, ma diversi per formazione e contesto sto-
rico-culturale. Lo documentano soluzioni interpretative nettamente
differenziate proprio in relazione alla questione dell’origine del lin-
guaggio con la forte accentuazione, ad esempio, in Monboddo, della
concezione dialettica del lavoro, fondata sui
bisogni
e la tesi della mo-
nogenesi del linguaggio, trasmesso per volontà divina alla storia del-
l’umanità prelinguistica, quest’ultima legata, invece, da Vico al mondo
poetico-fantastico della
parola
mitica, scossa dalla paura delle forze
misteriose della e nella natura.
Linguaggio e mito sono, com’è noto, al centro dell’idea vichiana di
filologia
, ripensata e valorizzata dall’esegesi dei noti saggi di Erich
Auerbach. Nel «Bollettino» del 1972 Fulvio Tessitore li ha accurata-
mente discussi e riproposti al lettore italiano, sottolineando l’importan-
te accezione antropologica della filologia nell’interpretazione dello stu-
dioso tedesco, tesa a esaltare la funzione del mito quale fonte del
Volkgeist
, di un’originaria condizione di vita in una forma-processo che
è sempre «drammatica». Con il filosofo della
Scienza nuova
si tratta,
allora, di recuperare il senso realistico, sociale e politico, dell’immagi-
nazione e delle facoltà poetiche, lontano dalle astratte e astoriche
costruzioni del Settecento. Letto alla luce della lezione dello «storici-
smo» non hegeliano di Meinecke e di Troeltsch, il Vico di Auerbach è
ancora il pensatore «solitario» ma, diversamente da Croce, collegato al
barocco europeo e lontano dal romanticismo tedesco. Nella cultura
tedesca del Novecento la rivalutazione del nesso
filosofia-filologia
ha
impostato una rinnovata disamina del problema
linguaggio
. Con
Auerbach e dopo Auerbach è stato Apel a ricostruire l’
idea di lingua
nella tradizione dell’umanesimo da Dante a Vico
(1963), riconoscendo
alla
Scienza nuova
la funzione fondativa della riflessione sul mito e sul
primato dell’attività fantastica. L’opera dell’autore tedesco è stata intro-
dotta nella cultura italiana anche grazie alla meritoria traduzione del
1975 che il «Bollettino» del 1977 ha presentato, affidandone la recen-
sione al Battistini, acuto nel sottolineare di Apel l’identificazione, in
Vico, del trapasso dall’«apologia dei contenuti educativi della retorica»
a una sua comprensione storica in grado di giungere a un vero e pro-
FABRIZIO LOMONACO
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