primo a tracciare un solco tra realtà umana e mondo della natura den-
tro la filosofia moderna che all’antica visione
cosmologica
ha sostituito
quella
umanologica
. Protagonista del processo di denaturalizzazione
dell’
ordo
avviato dall’umanesimo, il filosofo napoletano è «l’umanista
post-rinascimentale» che si collega inconsapevolmente alle moderne
inquietudini di Montaigne e Pascal, alleati dalla lezione di quell’agosti-
nismo che regge «il socratismo cristiano, umanistico e pre-umanistico»,
opposto allo «schema teologico» della storia provvidenzialistica, co-
smologica ed universalistica presente già in Agostino e poi in Bossuet
prima di riproporsi con Hegel. Perciò l’autore della
Scienza nuova
pote-
va essere introdotto da una storiografia del
senza
in quanto autore della
«filosofia
senza
natura» e
senza
Hegel
57
, per l’inevitabile transizione
dalla filosofia
monastica
a quella
politica
in cui l’umano vivere si stori-
cizza negli
ordini
civili, ma senza rinunciare alla relazione dei princìpi
della
normatività
con quelli della
società
o rinnegare l’azione della legge
quale «mente ordinante le città» che occorre comprendere nella sua
dimensione storica.
Il tentativo di ridurre la meditazione vichiana ad esclusivo pensiero
politico ha conosciuto non poche critiche in chi – come Fassò e Piovani
– ha individuato nella riflessione sulla ragione come
ragione civile,
sul
mondo dell’uomo quale
mondo umano del diritto
i motivi ispiratori di
tutta la «filosofia» di Vico: «Ridotto a puro pensiero politico, il pensie-
ro di Vico non solo perde tanta parte di sé – la miglior parte di sé – ma
ha dimensioni modeste rispetto alle posizioni teorico-politiche di molti
tra i coevi filosofi europei, che hanno ben altra sensibilità rispetto alla
problematica dello Stato moderno in formazione»
58
. Nonostante le
ritornanti incertezze e le persistenti contraddizioni, la storia, nel filoso-
fo della
Scienza nuova
, è «lotta di classi», manifestazione di un’«etica
I QUARANT’ANNI DEL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
35
57
P. P
IOVANI
,
Vico e la filosofia senza natura
(1969), poi in
La filosofia nuova di Vico
,
cit., pp. 4, 66, 70, 72, 87; I
D
.,
Vico senza Hegel
(1968), ivi, pp. 195-196, 199, 201-203.
Sulle ragioni e le fonti dell’«agostinismo» piovaniano hanno insistito le ben note inter-
pretazioni di E. N
UZZO
,
Lo studioso di Vico
, in
L’opera di Pietro Piovani
, a cura di F.
Tessitore, Napoli, 1991, pp. 270 sgg. e 298 sgg. e G. A
COCELLA
,
Piovani e Capograssi.
La disperata speranza: finitudine e mondo storico
(1991), poi in I
D
.,
L’etica sociale di
Giuseppe Capograssi
, Napoli, 1992, pp. 245 sgg. Una complessiva ricostruzione della
presenza di Hegel ha offerto C. C
ESA
,
Il confronto con Hegel
, in
L’opera di Pietro
Piovani
, cit., pp. 415-434.
58
Così P. P
IOVANI
,
Della apoliticità e politicità di Vico
, cit., p. 728. Di F
ASSÒ
, cfr.
specialmente le note tesi raccolte in
Vico e Grozio,
Napoli, 1971, in particolare le pp.
28 sgg. Cfr. E. N
UZZO
,
Gli studi vichiani di Pietro Piovani,
cit., pp. 310-313.
1...,25,26,27,28,29,30,31,32,33,34 36,37,38,39,40,41,42,43,44,45,...196