za sociale. La sua funzione è, invece, cognitiva e semantica, teorizzata
per «narrare» la genesi della storia umana, l’origine
antropologica
del
mondo. Il che giustifica la ricostruzione diacronica delle tre lingue
(divina, eroica, umana) che, in un «itinerario fantastico», Trabant ha
visto corrispondere a tre «luoghi» storiografici della storia di Vico: il
primo in America, presso «los patacones», uno «scontro piuttosto che
un incontro», prima di arrivare al «Vico in patria: Pagliaro» e, da ulti-
mo, al «viaggio sematologico a Nord», presso i «giganti selvaggi»
84
. Un
diretto confronto con i motivi della letteratura tedesca contemporanea
e, in particolare, con queste tesi di Trabant risale al «Bollettino» del
1986, in cui sono da segnalare le pagine di Donatella Di Cesare su un
«concetto-chiave» della teoria vichiana del linguaggio, la
metafora
.
Della sua genesi e della sua funzione è stata offerta un’attenta analisi
attraverso l’individuazione storico-critica dei luoghi (dal
De ratione
al
De antiquissima
e alle
Polemiche
) e il preliminare riconoscimento del
significato di «
elemento trascendentale del linguaggio
», cardine della
conoscenza «analogico-induttiva» opposta a quella «critico-deduttiva»
di matrice cartesiana, perché fondata su un concetto di verità «
dinami-
ca,
non […] trovata, ma
prodotta
[…]»
85
. Nel «Bollettino» del 1992-
1993, al centro di un altro saggio della Di Cesare è stata l’analisi della
filosofia vichiana del linguaggio nell’ermeneutica contemporanea (da
Dilthey a Gadamer e a Betti), quest’ultima giudicata infelice per la pre-
disposizione teorica a sancire l’esclusivo primato della storicità, fonda-
ta sul richiamo al nesso
verum-factum
. È quanto documentato, soprat-
tutto, dal Dilthey di
Leben Schleiermachers
che ha considerato la teoria
vichiana della
metafora
come «momento fondamentale nella metodolo-
gia della interpretazione storica». Quella così introdotta è stata una
definizione del linguaggio come «termine di mediazione» e «modello
stesso della conversione del
verum
e del
factum
» al centro della compli-
cata comparazione tra la conoscenza divina e quella umana. In essa è
emerso, secondo Di Cesare, il problema della «nominazione», del rap-
porto intrinseco tra la
parola
e il
fatto
quale si pone nella tradizione
ebraica e si sviluppa nel
De antiquissima
, dove si è indotti a supporre
che l’autore «muova dai primi capitoli della
Genesi
», per riconoscere il
I QUARANT’ANNI DEL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
49
84
J. T
RABANT
,
Tristi segni per una sematologia vichiana
, ivi XXVI-XXVII (1996-
1997), pp. 12 sgg., 26.
85
D. D
I
C
ESARE
,
Sul concetto di metafora in G. B. Vico
, ivi XVI (1986), pp. 325-326,
330, 334.
1...,39,40,41,42,43,44,45,46,47,48 50,51,52,53,54,55,56,57,58,59,...196