alla «complessità antropologica della natura umana» e alla pregnanza
dei contrassegni di
honestas
e
utilitas
, di
senso comune
e
prudenza
.
Questi contribuiscono all’apertura di un universo intermedio – quello
del linguaggio nella sua valenza filosofica – che prospetta non solo la
possibilità di rendere concreta l’universalità del
vero
, ma contempora-
neamente di aprire all’universale la concretezza del
fatto
. Proprio per-
ché profondo esploratore della «scienza nuova» della storia, delle sue
«pratiche» e del suo «linguaggio», Vico vede il divenire attraversato da
alcune verità e princìpi di ordine teoretico ed etico-giuridico. Dal
De
uno
al
De constantia
, dalla
Scienza nuova
del 1725 a quella del 1744 si
vanno fissando le linee di un complesso disegno filosofico che contem-
pera la tradizionale identità metafisico-teologica del «principio primo»
con l’introduzione di «procedure», linguaggi e «nodi storici» attraver-
so cui l’umanità di una nazione raggiunge lo stato perfetto e quella della
sempre possibile sua
decadenza
. Le pagine della
Pratica della Scienza
nuova
– che le correzioni manoscritte dell’opera si affrettano a segnala-
re all’altezza degli anni Trenta – costituiscono, allora, l’«impianto nor-
mativo di una filosofia morale»
99
, irriducibile a uno schematico praxi-
smo cui è opposto il grande tema del rapporto tra un’etica dei princìpi
universali e quella
pratica
delle «situazioni» e dei suoi linguaggi al cen-
tro della filosofia contemporanea e, soprattutto, di quella tedesca. È
quanto hanno documentato, nel «Bollettino» del 1992-1993, le argo-
mentazioni di un noto scienziato della politica, Jürgen Gebhardt, che
ha deplorato con l’anacronistica immagine del «precursore» la «strana
depoliticizzazione» del pensiero di Vico nell’approccio speculativo del-
l’idealismo tedesco e dei suoi seguaci italiani. A essere rivalutata è stata,
ancora una volta, la riflessione filosofica sul linguaggio nell’orizzonte
del
sensus communis
, riportato al concetto di «umanità», in cui si
dispiega un sapere fondato su
princìpi
e guidato dall’
esperienza
, per
superare la scissione di «filosofia della persona» e dell’«uomo politico»,
denunciata nella
Pratica della Scienza nuova.
La conciliazione in Vico
della tradizione cristiana (e delle sue fonti privilegiate, Agostino e
Varrone) con quella dell’umanesimo civile ha consentito all’interprete
di giudicarlo «filosofo
sui generis
nel discorso politico della moderni-
tà». Sostenuta dall’interpretazione «trascendentalistica» di Otto, que-
I QUARANT’ANNI DEL «BOLLETTINO DEL CENTRO DI STUDI VICHIANI»
57
99
Così G. C
ACCIATORE
,
Vico e la filosofia pratica
, in questo «Bollettino» XXVI-
XXVII (1996-1997), pp. 79-81, 83.
1...,47,48,49,50,51,52,53,54,55,56 58,59,60,61,62,63,64,65,66,67,...196