Queste sono umane facoltà, ma ricche nella loro essenza di una divi-
na origine, così come Vico le aveva pensate sul finire del 1699: «vede-
re, udire, pensare, comprendere, ragionare, ricordare sono attività divi-
ne»
11
, e tramite esse l’uomo ha la possibilità di riconoscere nella propria
anima l’immagine riflessa di Dio. Il programma metodologico del
De
antiquissima
descrive prima di tutto una storia di
procedimenti
cogniti-
vi attraverso il modello di ricostruzione di una storia di
strumenti
cognitivi, quali appunto il metodo dei filologi. E questa particolare
dedizione verso lo strumento filologico produce una prima importante
conseguenza, sottolineata da una parte storicamente sensibile della cri-
tica
12
, vale a dire la rivalutazione della forza immaginativa e di tutte
quelle facoltà, come la memoria in primo luogo, che divenivano ogget-
to di critica nella lettura di Descartes. Tutte le possibilità esercitate
dalla mente umana hanno uguale spazio nell’attività cognitiva proprio
per la loro capacità di produrre errore: un esercizio scorretto è solo una
potenzialità dell’attività divina di un’anima
partecipe
e non
padrona
di
ragione. Suggestiva l’intonazione che al problema conferisce un autore-
vole amico e corrispondente del Vico, Biagio Garofalo, che, studiando
la differenza del verso ebraico da quello greco nelle sue
Considerazioni
intorno alla poesia degli Ebrei e dei Greci
(1707)
,
da Vico senza dubbio
lette e commentate, descrive così il processo:
e qui cade a proposito brevemente ragionare del vario stile, che gli Ebrei
usano, in ispiegare i loro sentimenti. Il che dipende dal considerar la maniera,
colla quale Iddio variamente loro rivelavasi. Iddio adunque, come è chiaro a
tutti quelli, che sono versati nella Bibbia, soleva agli Ebrei manifestarsi o con
parole, o con segni, overo con sogni. E ciò avviene con moti, ch’ egli fa su le
fibre de i corpi, i quali per la legge dell’unione, ch’egli stesso ha posto infra il
corpo, e la mente, svegliano pensieri, sicome questi destano moti. Il che colla
sperienza veggiamo esser vero, non che verissimo. […] Overo si comunica agli
uomini per gli segni esterni soggetti a’ sensi; o con muovere gli estremi interni
delle fibre del cervello, nelle quali si cagiona la visìone nel sogno. Di modo,
che Iddio è cagione di tutti i pensieri, perché egli è cagione di tutti i moti, i
quali allo spirito unito al corpo destano pensieri
13
.
DALLO
SCIRE
AL
CONSCIRE
83
11
Ivi, p. 78.
12
Cfr. E. G
RASSI
,
Vico e l’umanesimo
[
Vico and the Humanism,
New York-Bern,
1990], tr. it. Milano, 1992.
13
B. G
AROFALO
,
Considerazioni intorno alla poesia degli Ebrei e dei Greci
, Roma,
1707, p. 47
.
1...,73,74,75,76,77,78,79,80,81,82 84,85,86,87,88,89,90,91,92,93,...196