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Passo che mostra con vigore il rapporto controverso e non privo di
ambiguità nel rapporto tra mente e sensi.
Bene ha riflettuto Visconti nel commentario alla sua edizione critica
delle Orazioni vichiane quando ha posto in evidenza la fonte del passo
«magnus ingenii conatus est ‘revocare mentem a sensibus’»14, vale a
dire il Cicerone delle Tusculana, I, 38, dove invece si legge «sevocare
mentem» nella lezione attestata da Agostino e ripetutamente utilizzata
anche da Cicerone. Vico recupera il termine più legato al ‘richiamare’,
‘ritornare’ tramite persuasione, prendendo questa volta maggiore di-
stanza da Agostino, contro il sevocare , che implica un’azione forte come
lo ‘staccare’, l’‘allontanare’ con violenza.
Come chiarisce Vico, la metafisica «tratta del vero esente da dubbio,
perchè riguarda un oggetto della cui esistenza, sia che dubiti sia che
sbagli o si inganni, l’uomo ha comunque certezza»15. La coscienza in
Cartesio aveva la funzione di porre rimedio al pericolo di una sovrap-
posizione tra apparenza ed essenza del pensiero, operando una riduzio-
ne del pensare a un’azione di tipo visivo. La teoria vichiana dell’imma-
ginazione si distanzia profondamente dalle proposte di Descartes,
Spinoza o Leibniz proprio per la formulazione storica della teoria della
mente e delle emozioni umane e dunque per una mancata identificazio-
ne tra dinamica immaginativa e dinamica percettiva.
La bella e densa affermazione vichiana secondo la quale «il pensare
non è causa del mio essere, ma solo il sintomo [signum]», il techme-
rium, che non è causa ma indizio, scagliata contro il procedimento scet-
tico e formulata alla luce di una circolarità tra cogitare e videre, tra sin-
tomi e segni del corpo e dell’anima, stabilisce l’indissolubilità dell’esse-
re senziente e pensante.
Se il pensiero è causa del mio essere, il pensiero è anche causa del mio corpo.
Eppure, ci sono corpi che non pensano16.
MANUELA SANNA 84
14 Or. I , p. 78.
15 De ant., p. 112.
16 Ivi, p. 37.