FABRIZIO LOMONACO
102
le e una sua più equa distribuzione non possono realizzarsi solo attra-
verso una migliore organizzazione produttiva, centralissima nelle anali-
si e nelle diagnosi demografiche condotte da Genovesi e Filangieri.
L’abolizione dei diritti feudali è tanto più radicale in Pagano quanto più
accentuata si rivela la considerazione del fenomeno economico nelle
forme della distribuzione e del consumo dei beni. Se la terra è utile al-
l’uomo non solo per produrre ma anche per soddisfare i bisogni di chi
lavora, la sua proprietà non può essere gravata da alcuna imposizione.
Questa denuncia dei comportamenti e delle regole lesive dei vantaggi
della proprietà presupponeva, nel 1792, il riconoscimento del principio
di libera iniziativa economica. A difenderlo era intervenuto l’avvocato
dei poveri presso il Tribunato dell’Ammiragliato nel
Ragionamento
sulla libertà del commercio del pesce in Napoli
, pubblicato nel 1789.
Contro l’
assisa
e il
monopolio
è rivendicata la fuoriuscita dai vincoli
protezionistici, necessario complemento della più ampia libertà indivi-
duale, teorizzata nei
Saggi
del 1792 contro le illegittime prerogative di
un potere privato non regolato dalle leggi e, perciò, non autorizzato a
gravare sul
diritto
di proprietà. La differenza tra modello feudale e or-
dine statale corrisponde sempre di più alla netta differenza tra
diritto
e
privilegio
. Quest’ultimo non può contribuire alla realizzazione di un
autentico rapporto giuridico, perché riduce il diritto al dato variabile,
inefficace nel suo esercizio. Perciò l’abolizione del
sistema
feudale può
bene configurarsi come ripristino dell’ordine giuridico. A proposito
degli «stabilimenti feudali» nel capitolo X del
Saggio II
della seconda
edizione si introduceva un brano (assente nel corrispondente capitolo
XIII del 1783), per sottolineare l’analogia del rapporto di protezione
goduto dagli antichi
clienti
con quello stabilito in origine dai feudi, cioè
dai beni «dati in tenuta con
bonitario
e dipendente dominio» (
Sp2
, p.
175). Il tema conosceva importanti approfondimenti nel brano conclu-
sivo del capitolo X del
Saggio III
(in cui confluivano i capitoli XV-XVII
della prima edizione), teso a sottolineare (con diretto riferimento al
capitolo XII del
Saggio II
sul «paragone tra’ compagnoni de’ Germani,
socii de’ Greci e i cavalieri erranti degli ultimi barbari tempi» [
Sp2
, p.
178 e sgg.], corrispondente al capitolo XV della prima edizione, in
Sp1
,
pp. 53-56) la «somiglianza» del «così fatto feudale governo de’ primi
Greci» descritto da Omero con quello retto sui «dritti di clientela»,
esercitati dagli eroi sulla plebe minore e assimilabili al dominio dei
«baroni della mezza età» (
Sp2
, p. 229). Qui la decisa attenuazione dei
riferimenti all’esemplarità dell’erudizione classica corrispondeva a un