Napoli nonché presso la Biblioteca Nazionale di Vienna, come dono del Vico
al Principe Eugenio di Savoia della Corte imperiale austriaca. Tale duplice cir-
costanza editoriale riflette l’
occasio
del volume, temporalmente redatto duran-
te il cosiddetto ‘ventennio austriaco’ del Regno di Napoli e in coincidenza con
la preponderanza ‘imperiale’ sullo scenario europeo. La corrispondenza tra i
testi originari e l’edizione anastatica risulta essere quasi completa, ove si esclu-
da il dettaglio dell’intitolazione dove l’
incipit
del
De universi juris
risulta sdop-
piato su due linee nella prima di copertina dell’attuale edizione napoletana. Di
vere e proprie simpatie ‘imperiali’ dell’opera non può in sostanza parlarsi se
non nel senso della sua filiazione politico-diplomatica, non dal modello
dell’Europa segmentata di Westphalia, quanto da quello del successivo Trat-
tato di Utrecht (1713), ben più sensibile al riequilibrio e alla riorganizzazione
di un governo universale per l’Europa. Del testo originale di Westphalia rie-
cheggia l’espressione della
pax universalis et aeterna
, ma ben collocata nel con-
testo di una contrapposizione tra le due categorie dell
’Occidentalis
e
dell
’Orientalis
come confine interno-esterno del continente europeo. Alla luce
di tale espressione neo-universalistica ben può spiegarsi pertanto il successo
dell’opera tradizionale di Vico come classico studioso delle relazioni interna-
zionali con il metodo delle ‘grandi epoche’ (cosiddetti corsi-ricorsi) e delle
‘grandi civiltà’ (le
majores gentes
).
Un semplice colpo d’occhio sul frontespizio richiama l’attenzione in modo
quasi ossessivo sulla caratteristica saliente del diritto universale come uno,
unico ed uniforme. La sua unicità risulta confermata dalla tradizione dello
jus
naturae et gentium
cui il volume ampiamente si riferisce. Ma rispetto a que-
st’ultimo il diritto universale non patisce di alcun dualismo o contraddizione
interna, dal momento che ne costituisce il fattore unificante come principio e
fine dello stesso, ovvero come sua causa iniziale e finale. Beninteso, siamo a
distanza di quasi un secolo dalla precedente opera di Grozio (
De jure belli ac
pacis
, 1625) ed a mezzo secolo dal pregresso volume di Pufendorf (
De jure
naturae et gentium
, 1672). Tuttavia il saggio vichiano del 1720 è nettamente
rivolto a sostenere il principio di equivalenza tra l’uno e l’altro. Detto in altri
termini, diritto universale equivale a dire diritto naturale delle genti secondo il
noto brocardo (
verum et ipsum factum convertuntur
)
.
Il volume rispecchia la sua fondamentale suddivisione in ben duecentoven-
tuno paragrafi, ordinati secondo la numerazione progressiva romana.
L’edizione anastatica salvaguarda altresì le originarie intitolazioni vichiane
come paragrafi laterali, così ripristinandola rispetto alle edizioni italiane
dell’800 e ’900 che li avevano interposti come titoli di capitoli all’interno di
ciascuna pagina del volume. Tale soluzione tipografica rispetta meglio l’inten-
zione originaria vichiana, come espressa dalla formulazione del
liber unus.
Con
RECENSIONI
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