considerazione non è perfettamente coincidente, fino ad esaurirsi in essa, con
la dimensione politica di una determinata nazione. Da Vico in poi, pure quan-
do si pensa a partire dal Regno di Napoli o dal Ducato di Milano o dal
Granducato di Toscana, il termine civile vale a connotare un principio filoso-
fico capace di attivare un ampio processo di incivilimento delle nazioni, com-
prensivo sia di un paradigma etico-politico che di una tensione teoretica fer-
mentante nella cultura, nel suo significato più ampio: dalla scienza alla lettera-
tura, dal diritto alle arti.
I curatori del volume, che sono anche gli autori della gran parte delle pagi-
ne che lo compongono, tra le finalità della pubblicazione mettono in evidenza
innanzitutto quella
didattica.
Pur sembrando di primo acchito un’affermazione
intesa a mantenere basso il profilo delle aspettative, la finalità didattica è in veri-
tà sostanziata anch’essa da una chiara e limpida tensione storiografica e teore-
tica. Nel mentre si vuole fornire a studenti, a giovani studiosi e ad insegnanti di
filosofia l’opportunità di riflettere sulla densità e la ricchezza tematica e teorica
della filosofia italiana della modernità, si propone anche di evidenziare lo stret-
to legame, non sempre visibile, tra riflessione teoretica e identità culturale e
politica della nostra giovane storia unitaria. E lo si fa privilegiando una linea di
effettiva modernità, che (andando oltre la pretesa teoretica di una filosofia tutta
attività logica e pura razionalità, immune da condizionamenti emozionali o pra-
tico-mondani) prende in considerazione una
ragione impura
,
concreta
, legata ai
bisogni e alle tensioni soggettivi e alle condizioni storiche reali.
L’implicito, ma attivo, filo conduttore di carattere ermeneutico dei saggi che
compongono il volume è lo
storicismo critico e problematico
, che a Napoli ha tro-
vato in Pietro Piovani prima, in Fulvio Tessitore poi, e, oggi, nei loro allievi e col-
laboratori (tanti da dar vita e forma ad una ‘scuola napoletana’) studiosi acuti,
autori in grado di fornire contributi importanti alla storiografia filosofica e di
mantenere viva la considerazione di Napoli come città filosofica per eccellenza.
Non nascondo che anch’io, seppure talvolta con inclinazioni e tonalità legger-
mente differenti, ho utilizzato nei miei studi di filosofia italiana modelli erme-
neutici ispirati agli studi di Piovani e Tessitore. Non è un caso che non pochi
degli autori su cui ho lavorato, da Vico a Croce, da Genovesi a Filangieri, da De
Sanctis a Capograssi, sono autori sui quali hanno offerto contributi illuminanti
sia Piovani che Tessitore. Anche Giuseppe Rensi, autore cui sono profondamen-
te legato, era stato considerato e positivamente apprezzato da Piovani come un
«moralista del nostro Novecento particolarmente inquietante e stimolante» (P.
P
IOVANI
,
Gli
Scritti minori
di M. Untersteiner
, in «Giornale critico della filoso-
fia italiana», 1971, 4, p. 639); e ad Aliotta, altro autore da me frequentato e dalla
cui scuola veniva il mio maestro Giuseppe Martano, Piovani aveva dedicato
all’inizio degli anni ’60 del Novecento un ricco e acuto saggio.
RECENSIONI
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