questi interessi che il giurisdizionalismo trasse nuova linfa, tanto da esserne
trasfigurato e da trasformarsi in riformismo pratico, attivo, mirato. Non va di-
menticato che, come prezioso collaboratore della corte asburgica, Pietro Con-
tegna ideò e realizzò a Napoli il Banco di San Carlo, predecessore storico del
Banco di Napoli. Né va trascurato l’impulso offerto alla politica riformatrice
da Contegna quando dopo il 1734, da assiduo e ascoltato collaboratore del
Segretario di Stato di Carlo di Borbone, Josè de Montealegre, fece istituire il
Supremo Magistrato del Commercio’, i ‘Consolati di terra e di mare’, favorì la
chiamata degli ebrei in Sicilia per promuovere le arti e il commercio.
Questo riformismo risaliva alla fine del ’600, con Francesco d’Andrea.
Proprio a d’Andrea si ispirava Giannone nel delineare nella
Istoria civile del
Regno di Napoli –
come scrive Croce
«un congiunto programma di azione
politica rispetto a tutte le questioni economiche e giurisdizionali, a cui davano
luogo le condizioni della Chiesa e del Regno di Napoli» (B. C
ROCE
,
Storia del
Regno di Napoli
, Bari, 1958, pp. 173-174). Bartolomeo Intieri e Antonio
Genovesi si riallacciavano a questa tradizione. Perciò va ricordato che l’inte-
resse per i problemi economici e commerciali, indizio chiaro di un nuovo
modo di intendere i valori civili e l’organizzazione della società, era radicato e
diffuso a Napoli, e in ambienti non marginali, già alcuni decenni prima che
Intieri istituisse e Genovesi occupasse la cattedra di Meccanica e Commercio
.
Dei tre autori dell’illuminismo napoletano, Monica Riccio traccia profili
essenziali, insistendo sul tratto tutto praticistico delle proposte di Antonio
Genovesi e sull’immediata applicabilità dei suoi suggerimenti. La riflessione su
Filangieri è concentrata sul tema della bontà assoluta e relativa delle leggi;
sullo squilibrio tra la maturità dei popoli e lo stato di prima infanzia dei loro
codici delle leggi; e sulla finalità delle leggi, consistente nel garantire la tran-
quillità dei popoli, cioè la libertà civile. Si lasciano sullo sfondo il costituziona-
lismo, il tendenziale repubblicanesimo e le proposte di riforme del diritto di
famiglia e del diritto di proprietà, incidenti, se applicate, in maniera forte sul-
l’assetto e la struttura della società. Di Pagano si evidenzia soprattutto il vichi-
smo e l’antivichismo delle sue tesi, nonché la tendenza ad indicare gli elemen-
ti fisico-naturali come motore dello svolgimento del «civile corso delle nazio-
ni». Pagano, infatti, legge il terremoto calabrase del 1783 come occasione di
palingesi sociale. Del giurista e filosofo lucano si ricorda anche il progetto di
Costituzione discusso da Cuoco nelle lettere a Vincenzio Russo.
Significativo il contributo fornito al libro da Maurizio Martirano. Ben tre
capitoli, molto compatti e articolati, tracciano il percorso dell’idea di filosofia
civile lungo tutto il corso dell’Ottocento. Il primo è dedicato a
La filosofia civi-
le nella tradizione filosofica meridionale del primo Ottocento
(pp. 111-146).
Incentrato sulla tesi della continuità del profilo civile della filosofia vichiana
RECENSIONI
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