con la cultura riformatrice ed illuministica, riserva giustamente uno spazio rile-
vante al pensiero di Vincenzo Cuoco, passato dall’esperienza rivoluzionaria ad
una cultura riformista. Di Cuoco si sottolinea opportunamente lo spirito di
concretezza, il suo costituzionalismo legato alle effettive necessità e ai costumi
dei popoli, nella convinzione che la libertà non è conquista di un momento, per
mezzo di un atto o di una legge, ma matura lentamente e progressivamente
nella coscienza popolare. Di grande interesse l’ampio
excursus
su Cuoco gior-
nalista, impegnato soprattutto a porre al centro della riflessione l’uomo e le sue
attività, prospettando un rigoroso progetto di educazione civile del popolo, e
su Cuoco attento recensore di opere scientifiche dedicate alla medicina, al
magnetismo animale, al galvanismo, alla fisica. Oltre Cuoco, il capitolo discute
di Melchiorre Delfico, di Francesco Saverio Salfi (impegnato ad avvicinare la
scienza storica vichiana alle tematiche della filosofia europea, in particolare a
Locke e a Condillac) e di Francesco Lomonaco, vichiano distante dalle inter-
pretazioni metafisiche e provvidenzialistiche del filosofo napoletano.
Altrettanto ricco e articolato il capitolo su
La filosofia civile in alcuni
momenti del pensiero democratico risorgimentale
(pp. 147-200) incentrato su
Giandomenico Romagnosi, Giuseppe Ferrari, Carlo Cattaneo, Carlo Pisacane
e in cui, pur dando conto delle diverse intonazioni speculative degli autori
affrontati, si insiste sullo sviluppo della peculiare linea della «filosofia civile»
italiana caratterizzata dall’esigenza di elaborare una dottrina capace di coniu-
gare
idealità
e
concretezza
, rifuggendo dal razionalismo astratto e rivolgendosi
all’effettualità, all’azione promotrice di efficace rinnovamento.
L’ultimo intervento di Martirano tematizza
La tradizione civile del positivi-
smo italiano
. Si discute del positivismo degli
storici
, di Pasquale Villari in par-
ticolare; dei
pedagogisti
, soprattutto di Andrea Angiulli; dei
teorici della scien-
za storica,
animatori del dibattito sulla scientificità della storia, come lo stesso
Villari e poi Nicola Marselli; dei
positivisti naturalisti
, come Giovanni Bovio.
Significativi e importanti appaiono due passaggi. Il primo cenno alla polemica
di Bertrando Spaventa contro positivisti e «paolotti», evidenziando l’origina-
lissima declinazione del positivismo da parte di Spaventa: un positivismo che
prende forma in relazione all’attività positiva della mente, che, utilizzando ele-
menti a priori nella sperimentazione dei fatti naturali, produce e riproduce i
fatti umani e storici. Un positivismo, questo di Spaventa, che troverà come
seguaci Pietro Siciliani, Felice Tocco e Fillippo Masci, considerati da Gentile
transfughi e traditori della scuola spaventiana, gli ultimi due soprattutto per la
loro attenzione a Kant. La polemica contro Masci fu particolarmente acre.
Masci, infatti, considerava le forme della sensibilità e dell’intelletto non come
«attitudini mentali» preesistenti all’esperienza ma come semplici «funzioni»,
che si sviluppano in quanto esercitate sempre e solo con il concorso dell’espe-
RECENSIONI
122