Blackwell e di Vico. Al filosofo napoleta-
no attribuisce il merito di aver conferito
una «precisa e consapevole impostazio-
ne» al dibattito sull’oralità dei poemi
omerici, di cui fa risalire le origini «alme-
no» alla fine del XVI secolo con Suffridus
Petrus (p. 140), e ne discute i rapporti
con Lapeyrère e Perizonio nell’ambito
del dibattito sul suo ‘isolamento’, per poi
dedicare espressamente un ampio para-
grafo (pp. 160-169) alla
Discoverta del
vero Omero
e un altro più breve (169-
171) alle influenze esercitate su di essa
dalla «teoria linguistica» e dalla «critica
dei miti di Vico». Nell’analizzare la
Discoverta
, evidenzia innanzitutto le diffi-
coltà presentate dai testi vichiani in meri-
to ai rapporti temporali fra la fine della
tradizione orale dei poemi omerici da
parte dei rapsodi, la presunta revisione di
essi sotto i Pisistratidi e la loro trascrizio-
ne. A partire dalla concezione vichiana
della memoria come principio creativo e
non statico, esamina poi in parallelo
l’evoluzione della posizione di Vico sul-
l’origine dei poemi omerici con il di-
battito che ha diviso gli studiosi sul signi-
ficato da attribuire alla dimensione col-
lettiva della loro composizione, fra una
posizione ‘filosofica’ (Croce, Nicolini)
che vede in essa l’espressione generale del
carattere eroico del popolo greco, e una
‘filologica’ (Pagliaro) e poi ‘oralista’
(Cerri) che ne individua il soggetto speci-
fico nell’attività dei rapsodi e che, conclu-
de l’A., a differenza della prima, prende
in considerazione l’agire della tradizione
non solo sulla materia dei poemi, ma an-
che sulla loro forma, «in quanto ogni
compositore orale rielabora il materiale
tradizionale conservando il dettato mito-
logico […] ma modificando, nell’atto
stesso della rappresentazione, la tessitura
poetica dei versi […]» (p. 169).
Nel percorrere poi le tappe successi-
ve della questione omerica, Ferreri sotto-
linea in più punti (ad esempio a proposi-
to di J. B. Merian) i confronti e i possibi-
li legami diretti o indiretti con le tesi
vichiane, per poi soffermarsi, avendo
come riferimento Battistini, sulle obiezio-
ni mosse ad esse da Cesarotti e conclude-
re infine con la loro ripresa da parte di
Minervini, Valdastri e Bajamonti.
[D. A.]
8. F
RANK
Hartwig, recensione a S.
M
ARIENBERG
,
Zeichenhandeln: Sprach-
denken bei Giambattista Vico und Johann
Georg Hamann
(Tübingen, Narr, 2005),
in «Das achtzehnte Jahrhundert» XXX
(2009), pp. 124-125.
9. G
IRARD
Pierre,
L’umanesimo conflit-
tuale di Giambattista Vico
, in «Annali
d’Italianistica» XXVI (2008), pp. 249-263.
Dopo aver individuato «i due perico-
li metodologici», quello «dell’astrazione
illegittima» (che appiattisce le diverse
declinazioni impresse dai vari autori al
concetto di umanesimo in un’«unità»
indistinta, «condivisa da tutto un periodo
storico», generando così «l’anacronismo
di una categoria usata fuori dalle sue con-
dizioni di nascita») e quello inverso della
«storicizzazione» («che consiste nel dilui-
re» quel concetto «nella diversità storica
in cui a mano a mano appare», rendendo-
lo inutilizzabile perché privato in tal
modo di «un senso univoco»), a cui espo-
ne l’approccio ‘borioso’ al problema del-
l’umanesimo fondato su «categorie filo-
sofiche» e storiografiche che deformano
il proprio oggetto di indagine, senza,
invece, sapervisi «adattare in modo dutti-
le […], rispettandone la complessità e le
asperità» (pp. 249-251), l’A. di questo
saggio denso e profondo prende in esame
l’interpretazione dell’umanesimo vichia-
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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