no fornita da Antonio Corsano (
Umane-
simo e religione in Giambattista Vico
,
Bari, Laterza, 1935;
Giambattista Vico
,
ivi, 1956) e da Ernesto Grassi (
Vico e
l’umanesimo
, Milano, Guerini & Asso-
ciati, 1992 – ed. orig. ingl.: New York,
Peter Lang, 1990).
La lettura di Corsano – a parere del-
l’A. – risulterebbe riduttiva perché fon-
data sulla distinzione fra filosofia ed uma-
nesimo. A quest’ultima – secondo Corsa-
no, letto dall’A. – Vico sarebbe appro-da-
to, abbandonando la prima, quando si al-
lontanò dall’atomismo gassendiano «per
dedicarsi agli studi umanistici» (p. 252).
Questa analisi – obietta Girard – «facen-
do dell’umanesimo una posizione di
ripiegamento, non intravede la capacità
di Vico a contrarre una tradizione dando-
le una nuova funzione all’interno del suo
sistema filosofico» (pp. 252-253).
Al contrario, l’interpretazione di
Grassi, centrata sulla scelta vichiana di
puntare sulla retorica, sulla filologia e sul
diritto, quali strumenti di indagine indi-
spensabili per guadagnare la realtà in tutto
il suo «spessore» e «l’uomo nella propria
complessità» – una scelta fatta valere con-
tro il metodo cartesiano (responsabile di
ridurre la ricchezza e le plurilineari molte-
plicità del mondo alle incolori astrattezze
della finzione matematica) –, consente di
«pensare l’umanesimo in seno al pensiero
vichiano» e al «suo sistema di una ‘scienza
nuova’» (p. 253). Da questo punto di vista,
la ripresa vichiana dell’umanesimo – dun-
que della retorica, della filologia e della
topica – non denuncia il ritorno su «posi-
zioni filosofiche antiche», ma piuttosto
indica l’assunzione «riattualizzante» di
una prospettiva che si fa «metodo filosofi-
co adeguato» (p. 255) a cogliere la dimen-
sione dell’arcaico, dell’originario. Si com-
prende così come per Vico, a differenza di
Cartesio – che opta per la sola razionalità,
perché sufficiente a spiegare un mondo
matematizzato –, «ragione e retorica» non
siano contrapposte, ma debbano essere
«considerate come due aspetti comple-
mentari e dialettici» (
ibid
.).
Ciò detto, il recupero vichiano
dell’umanesimo non può essere inteso
come «accettazione passiva dei concetti e
delle tematiche propri di questo movimen-
to della storia delle idee», dal momento
che «di questa tradizione» il pensatore na-
poletano assume «le sole cose che possano
essere riutilizzate nel proprio sistema» (p.
257). Proprio in tale ‘riutilizzo’ l’A. ravvisa
l’originalità di Vico, le cui tinte forti e deci-
se immediatamente si sbiadiscono, se con-
sideriamo il filosofo un mero – per quanto
geniale – epigono della tradizione umani-
stica. In questo senso l’umanesimo di Vi-
co, lungi dall’essere acquiescente, può dir-
si «problematico» (
ibid
.) e ‘conflittuale’.
[R. D.]
10. G
UIDO
Humberto,
Direito natural
e sabedoria civil: a crítica de G. Vico ao for-
malismo jurídico da filosofia moderna
, in
UFU, ano 30- tropeçando universos (artes,
humanidades, ciências)
, ed. por J. Seixas,
J. Cerasoli, Uberlândia, EDUFU, 2008,
pp. 179-200.
L’A. affronta l’impegnativo tema,
isolando alcune premesse teoriche tra
«giusnaturalismo» e «diritto naturale»,
riferite al filosofo Hobbes e al giurista
Grozio, con ciò discutendo la nota tesi di
Bobbio che ha considerato il pensatore
anglosassone fondatore del giusnatu-
ralismo moderno. Di quest’ultimo Guido
opportunamente ricostruisce i motivi fon-
damentali, partendo dalla nuova conver-
sione di «natureza» e «razão» (pp. 183,
182) nel campo dell’azione e della vita
civile in comunità, secondo il «conceito
moderno de Estado» (p. 183) che pone la
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
194