inventivo del
Liber metaphysicus
e in base
ad una citazione delle
Philosophische
Untersuchungen
di Wittgenstein, l’A.
traccia un ritratto d’una città modello
vichiana – storica e disomogenea – che
rappresenta il
topischen Raum
[spazio
topico] del sapere verosimile a differenza
del
mathematischen Raum
[spazio mate-
matico] astratto-assoluto di Descartes.
[S. W.]
13. K
RUSE
Boris,
Giambattista Vico
als Wegbereiter einer Hermeneutischen
theorie in den Kulturwissenschaften
, Bod
– Books on Demand, 2008, pp. 60.
L’A. esamina Vico a partire da una
prospettiva assai peculiare, il cui interes-
se fondamentale concerne, in estrema
sintesi, la validità del modello ermeneuti-
co nell’ambito degli studi etnologici. La
filosofia di Vico viene così discussa come
un modello germinale di teoria ermeneu-
tica delle scienze della cultura. In partico-
lare, Kruse tenta anche una verifica della
validità di alcuni nuclei del pensiero vi-
chiano – dalla tripartizione della storia
alla filosofia del linguaggio (in particolare
la teoria dei tropi), dal concetto di verità
ai metodi di raccolta di materiali e fonti
sui diversi popoli – come ipotesi di riferi-
mento per l’attuale scienza etnologica.
14. M
INER
Robert,
Giambattista Vico
on war
, in
Macht und Moral: politisches
Denken im 17. und 18. Jahrhundert
, hrsg.
v. M. Kremer, H.-R. Reuter, Stuttgart,
Kohlhammer, 2007.
All’interno di un volume ricchissimo
di contributi intorno ai rapporti tra mora-
le e politica nel pensiero moderno, segnato
anche da una particolare, opportuna sensi-
bilità alle implicazioni del tema della po-
tenza con le strutture del pensiero religio-
so e con le idee di uguaglianza e di pace, il
contributo di Robert Miner affronta la
questione della guerra all’interno del pen-
siero di Vico. In particolare, Miner riper-
corre significato e fondamento della guer-
ra in ciascun momento della partizione
vichiana della storia, e quindi nell’età degli
dei e in quella degli eroi, agli inizi dell’età
degli uomini e nel compimento di questa,
ossia dalle forme paternalistiche dell’eser-
cizio del dominio alle formazioni statuali
aristocratiche e democratiche fino alla for-
ma considerata ideale di una monarchia ci-
vile delimitata dal diritto costituzionale.
Qui soltanto appare possibile a Vico una
pace durevole sul fondamento del bene co-
mune, giacché le monarchie «combattono
non soltanto per espandere i propri confi-
ni ma anche per ottenere la pace» (p. 302).
Ma si tratta di una condizione fragilissima,
su cui incombe la corruzione della barba-
rie della riflessione. Nell’intera dinamica
resta sempre ambivalente il ruolo della re-
ligione: per un verso additata come causa e
occasione di guerre, per l’altro verso rico-
nosciuta quale unico mezzo per educare
l’uomo alla virtù e superare così lo stato di
costrizione e di violenza. In ciò, nota
Miner, Vico aderisce per intero alla con-
vinzione di Polibio che l’uomo possa esse-
re corretto e guidato, piuttosto che da mas-
sime e concetti, solo da ciò che fa appello
ai suoi sentimenti, alle sue passioni, alla sua
fragilità. Miner stesso, che interroga Vico
nella prospettiva di una fondazione del-
l’etica politica mediante la filosofia della
storia, ritiene allora che, guardando alla
«nostra attuale situazione geopolitica»,
anche oggi «il nostro compito» sia di «arti-
colare o riscoprire una prospettiva teologi-
ca in grado di ricongiungere quel che si è
spezzato, ‘onde la sapienza riposta de’ filo-
sofi debba cospirare con la sapienza volga-
re de’ legislatori’» (p. 304).
[L. P. C.]
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
197