cui anche Vico sembra aderire? La con-
vergenza appare immediatamente, se si
pensa che l’imitazione per il filosofo napo-
letano, più che ridursi a rispecchiamento
fedele del particolare, vuole essere raffigu-
razione – certo mimetica ma anche ‘as-
semblativa’, del «tipo ideale» – dell’«idea
universale» dell’oggetto individuale. In tal
senso si può sostenere con l’A. che in Vico
«imitazione e invenzione non sono […]
affatto distinte e non si escludono recipro-
camente» (p. 29). Questo «modello di
creatività» di stampo barocco – conclude
l’A. –, «attivo ancora oggi nell’ambito dei
cultural studies
», consente «di evitare il
doppio pericolo della esasperazione fanta-
stica, da un lato, e della mortificazione
creativa, dall’altro» (pp. 29-30).
[R. D.]
19. P
ICCINI
Daniele,
Emilio Betti in-
terprete di Vico: alla ricerca della «Herme-
neutica historiae»
, in «Ritorno al diritto. I
valori della convivenza», 2008, 8, pp.
187-195.
In questa presentazione del suo volu-
me
Dalla Scienza nuova all’ermeneutica. Il
ruolo di Giambattista Vico nella teoria del-
l’interpretazione di Emilio Betti
(Napoli,
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
2007), recensito su questo «Bollettino»
(XXXVIII, 2008, 2) da A. Cuntreri, l’A.
sintetizza le questioni e le tesi principali
della sua ricerca sottolineando da un lato
l’importanza dell’opera di Betti per
l’emancipazione dalla lettura crociana di
Vico, dall’altro come l’interesse per Vico
affranchi l’ermeneutica bettiana dall’accu-
sa di psicologismo rivoltale da H.-G.
Gadamer.
20. S
AID
Edward W.,
La sfera umani-
stica
, in I
D
.,
Umanesimo e critica democra-
tica
, a cura di G. Baratta, tr. it. M. Fiorini,
Milano, Il Saggiatore, 2007, pp. 31-58.
In questo saggio di notevole interesse,
l’A. si propone di «criticare l’umanesimo
in nome dell’umanesimo» (p. 40), con-
trapponendo al suo tradizionale modello,
quello che lo vede arroccato nella
turris
eburnea
della ricerca filologica concentra-
ta esclusivamente sulle produzioni testua-
li della cultura di appartenenza, e perciò
insensibile alle «‘altre’ tradizioni» e ad
«altri studi umanistici che potrebbero
senza dubbio essere presi in considerazio-
ne» (p. 33), un nuovo umanesimo aperto
alla
polis
, «cosmopolita», reso consapevo-
le «dei suoi abusi dall’esperienza dell’eu-
rocentrismo e dell’imperialismo» (p. 40) e
capace di rispondere alle «nuove sfide»
(p. 43) del nostro tempo.
In questo suo intento è proprio Vico
ad offrirgli una sponda. Gli studi umani-
stici, a cui il pensatore napoletano dedicò
tanta energia, e la filologia, da lui intesa
come indagine storica effettiva, sono in
questo contesto strumenti preziosi, giac-
ché – rifuggendo da ogni giudizio formu-
lato senza sufficiente cognizione del giu-
dicato – impongono la severa disciplina
dell’apprendimento delle lingue e della
ricerca documentaria; abituano all’avvi-
cendamento delle diverse interpretazioni
risultanti da letture più avvertite, nessuna
delle quali può considerarsi ‘ultima’ e
‘definitiva’, perché tutte sono consape-
volmente condizionate dalla «basilare fal-
libilità della mente umana» (p. 41) e dalla
presenza di un «elemento soggettivo […]
sempre riconosciuto», che impedisce al
sapere umanistico di trasformarsi in una
«neutrale scienza matematica» (p. 42).
Così intesi, lo studio delle
humanae litte-
rae
e la filologia possono trasfigurarsi in
un rinnovato umanesimo aperto a con-
fronti interculturali e centrato su di un
pensiero storico-critico antiessenzialista,
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
200