MONSIGNOR CELESTINO GALIANI E G. B. VICO
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gli studi ecclesiastici, che ebbero una fioritura eccezionale in Francia.
Per Vico, i religiosi francesi avevano il merito di mostrare che le chiese
non si debbono onorare con sontuosi apparati di opere d’arte e di ori,
ma con la purezza del pensiero («templa mentis castitate magis quam
sumptuoso artis et auri cultu venerari»)
12
.
Vico non fa nomi, e pertanto è ambiguo, come in tanti altri passi del-
le sue opere. Tale ambiguità può contribuire a renderlo più affascinan-
te per certi lettori postmoderni, dotati di scarsa attitudine per gli studi
storici
13
. Comunque l’approccio indiretto consente di superare le corti-
ne fumogene innalzate dal filosofo non per vezzo, ma per sfuggire ai
lacci dei censori pontifici. I religiosi francesi ammirati da Vico (invisi al-
la Curia romana, ma cari a Galiani) erano maestri come i Maurini, i
Bollandisti, Richard Simon, Noël Alexandre o Louis Ellies Du Pin, che
rinnovarono gli studi biblico-ecclesiastici. L’accostamento della grande
erudizione d’oltralpe del Sei-Settecento, nota per il suo rigore filologi-
co, all’autore della
Scienza nuova
, che pullula di errori filologici, non
deve stupire. Ognuno fa quel che può per realizzare i propri intenti.
Vico era un filosofo che si era avveduto della importanza delle ricerche
storiche, e voleva elaborare una filosofia che tenesse conto dei risultati
di quelle ricerche. Nel
Diritto universale
sostiene che il filosofo non
deve disprezzare la filologia (come fanno Cartesio e Malebranche), per-
ché l’esegesi biblica e la teologia non possono fare a meno della cono-
scenza dell’ebraico, delle lingue orientali e del greco
14
. Di qui l’unione
indissolubile di filosofia e filologia, proclamata nella seconda
Scienza
nuova
. Prima l’infatuazione per lo storicismo, poi quella per la retori-
ca, che hanno entrambe afflitto gli studi vichiani per troppo tempo,
hanno impedito di vedere che Vico intendeva la filologia in funzione
della critica sacra. Il filosofo applicò alla storia profana la metodologia
12
Ibid
.
13
Ho già parlato dell’ambiguità di Vico, in garbata polemica con i seguaci di
Barthes, Lacan e Derrida, ma, per non essere frainteso, ribadisco la conclusione della
mia polemica: «È dovere dello studioso accertare quali siano i termini inconfondibili,
su cui si basa l’ambiguità-originalità dei singoli autori presi in esame»: cfr. il mio
Genesi
del concetto vichiano di «fantasia»
, in
Phantasia-imaginatio
, V Colloquio internaziona-
le, Roma, 9-11 gennaio 1986, Atti a cura di M. Fattori - M. Bianchi, Roma, 1988, p. 365.
La mia avversione nei confronti delle interpretazioni postmoderne del pensiero vichia-
no è sufficientemente documentata dal mio
Giambattista Vico Between Pre- and
Postmodernity
, in
The Flight of Ulysses: Studies in Memory of Emmanuel Hatzantonis
,
a cura di A. A. Mastri, Chapel Hill (N. C.), 1997, pp. 196-205.
14
G. V
ICO
,
Opere giuridiche
, a cura di P. Cristofolini, Firenze, 1974, pp. 398-399.