FULVIO TESSITORE
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Chateubriand, da Renan a Taine, da Cuoco a Croce, da Ranke a
Meinecke a Troeltsch e Weber, fino a Berlin e i suoi amici liberali con-
servatori inglesi.
Orbene, prima di venire a qualche più estesa considerazione delle
letture proposte di Meinecke e di Berlin, avvicinati quali i veri protago-
nisti dello storicismo ‘antiilluministico’ e ‘fascistico’ del primo e secon-
do dopoguerra, non è possibile non dare qualche prova delle valutazio-
ni prospettate da questo
pamphlet
, che di siffatto genere letterario, come
si sa ricco di documenti assai eleganti, non può vantare neppure il fasci-
no della affilata polemica pur quando tendenziosa. Confesso di non
conoscere la produzione storiografica di Sternhel e sono perciò pronto
ad accettare la valutazione che vede attribuirgli la qualifica di storico
autorevole. Di certo cercherò di colmare questa lacuna per formarmi
un’idea personale. Però non posso non ritenere un lungo noioso cento-
ne le 580 pagine di questo libro nella prima edizione francese sollecita-
mente tradotte (
Contro l’Illuminismo. Dal secolo XVIII alla guerra fred-
da
, Baldini&Castoldi, Milano, 2007) in ben 644 di corretto italiano e
curate con accuratezza forse sprecata per un lavoro come questo, per
esempio per l’attenta citazione delle traduzioni italiane dei testi adope-
rati e discussi animosamente dallo storico ebreo. Affido alla valutazione
del lettore una sequela di avvicinamenti del tipo di quelli qui segnati, in
via di semplificazione e ricorrenti in tutta l’opera come un metro costan-
te di sistemazione storiografica. A parte la coppia fissa Renan-Taine, con
sullo sfondo Michelet e in prospettiva Barrés e Maurras (cfr. ad esempio
p. 23), che dire di impostazioni come la seguente: «questo modo di pro-
cedere [la polemica di Voltaire contro la consolidata valutazione storio-
grafica del Medioevo e del cristianesimo] è sufficiente per suscitare
l’
odio
di Herder e di Burke. La sua [di Voltaire] guerra al cristianesimo,
la sua critica della tradizione e il suo razionalismo bastano per fare insor-
gere contro di lui, ognuno per una diversa ragione, Taine e Renan,
Barrés e Maurras, Croce, Spengler e infine Berlin» (p. 155) dove va sot-
tolineata la categoria ‘storiografica’ dell’ ‘odio’ e la indifferenza per la
diversità dei giudizi su Voltaire dei veri signori or ora ricordati, prescin-
dendo dai loro contesti e persino dalle loro dimensioni, se cioè contenu-
te in trattazioni specifiche o in accenni cursori. «Meinecke appartiene a
una scuola e ci fornisce uno straordinario spaccato di quel movimento
che comincia con Herder e lo
Sturm und Drang
per arrivare a Spengler
e Jünger» (p. 171). «Gadamer calca le orme di Meinecke» ed «entram-
bi sulla scia di Heidegger, si ergono contro Cassirer, erede di Kant e in