DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
41
esilio dal 1933» (p. 176; e poco serve notare che Meinecke cita Cassirer
nella prefazione a
Die Entstehung des Historismus
del 1936 che, come
vedremo, a Sternhel appare altra prova del cripto-nazismo meineckia-
no). «Taine prosegue il ragionamento di Burke e de Maistre. Questo è
anche il ragionamento di Renan, Carlyle, Meinecke e Croce. Sulle que-
stioni di fondo i nemici dei lumi professavano gli stessi princìpi» (p. 269,
e si veda anche p. 307, con indifferenza per l’appartenenza degli studio-
si citati a secoli differenti). «Meinecke e Spengler non appaiono forse
come continuatori di Herder?» (p. 413, che è affermazione avanzata a
proposito del libro di Theodor Litt,
La liberazione della coscienza a opera
di J. G. Herder
del 1942, ripubblicato nel 1956 con scarso interesse per
stabilire se Meinecke abbia letto questo libro, cosa che certamente non
potè fare Spengler, se non sbaglio morto un po’ prima del 1942).
«Meinecke, Gadamer, Berlin manifestano un riflesso ambiguo rispetto a
Herder. Sotto molti aspetti, è il caso di praticamente tutti i nemici dei
Lumi: quando si rifiutano le premesse del razionalismo, non ci sono
modi molteplici per attaccare il XVIII secolo franco-kantiano» (p. 498,
dove si sta discutendo del
Vico
di Croce ed è eloquente chiarificazione
l’uso della figura del ‘nemico’ – certo qui adoperato nella formulazione
schmittiana, di cui, per esempio, si veda p. 466 – per intendere la criti-
ca a proposito dell’Illuminismo ‘franco-kantiano’, che è, evidentemente,
la stessa medesima cosa del ‘razionalismo’, con buona pace almeno di
Croce e del suo storicismo, da lui ritenuto più razionalistico dell’Illumi-
nismo). Il ruolo di Croce rispetto al fascismo in Italia è «la stessa funzio-
ne svolta in Germania da Spengler, Carl Schmitt e altri conservatori
rivoluzionari come Arthur Moeller Van den Bruck ed Ernst Jünger» (p.
505, dove, a parte il risibile avvicinamento di Croce a Moeller, non conta
– anche perché credo che Sternhel non ne abbia il minimo sentore – che
una delle prime recensioni fortemente negative, in Italia e in Europa
attratte dal ‘geniale’ dilettante Spengler, fosse quella dedicata al
Tramonto
nel 1919 da Croce, ossia nel primo periodo del suo esplicito
costituzionale fascismo, almeno a giudizio dello storico ebreo). Rispetto
ai crociani precorrimenti di Vico, «le sole filiazioni che Spengler ricono-
sce sono quelle di Nietzsche e di Goethe, soprattutto dell’autore del
Wilhelm Meister
, tuttavia anch’egli fedele discepolo di Vico, di Herder e
di Burke» (p. 508, ed è del tutto insignificante che nell’opera spengleria-
na Herder e Burke sono citati una sola volta e Vico è del tutto assente:
si tratta, è evidente, di sottigliezze storiografiche inutili a considerarsi
dinanzi alla solare evidenza della sicura discendenza dallo storicismo –