FULVIO TESSITORE
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le nel dedicare «lunghe analisi a Burke e un centinaio di pagine a
Herder», «risponde a Cassirer senza nominarlo»: ed è del tutto insignifi-
cante ricordare che, nella prefazione a
Die Entstehung
l’opera di Cassirer
sulla filosofia dell’Illuminismo è ricordata insieme a soli due altri libri rite-
nuti notevoli per la rivalutazione della storiografia illuministica. Con la
stessa metodologia, per quanto attiene a Cassirer, la sua
Filosofia dell’Illu-
minismo
, «pubblicata nell’ottobre del 1932», «resta ancor oggi il più
importante lavoro su quel tema», «perché il discepolo di Kant lavorava
sulla scia di Weber», visto che a giudizio insindacabile di Sternhel, il filo-
sofo tedesco utilizzava l’idea weberiana di tipo, un criterio inconfutabile
della storia delle idee, la quale nell’uso che ne fa lo storico ebreo, è rivol-
ta «alla comprensione e alla ricostruzione, al di là di ogni contraddizione,
dei fondamenti intellettuali comuni degli anti-illuministi». E per far ciò è
sufficiente, scrive lo Sternhel, stabilire che «i rapporti tra le idee, la poli-
tica e la cultura siano rapporti diretti», ad intendere i quali non è indi-
spensabile «fornire» il quadro di «una realtà culturale, ideologica e poli-
tica
in tutti i particolari
, né presentare
esattamente
[i corsivi sono miei] il
pensiero di ogni autore in tutta la sua complessità». Una pratica «storio-
grafica» (quella non interessata ai ‘particolari’ e all’‘esattezza’) attenta-
mente e tenacemente seguita dallo Sternhel di cui il libro
Contro-Illumi-
nismo
offre una esauriente dimostrazione, che, per quanto riguarda
Meinecke, è ulteriormente rafforzata dalla rivendicata attribuzione del
discepolato di Ernest Nolte al maestro dello
Historismus
. Forse confon-
dendo il
Methodenstreit
di fine Ottocento con l’
Historikerstreit
del secon-
do Novecento, a giudizio di Sternhel le tesi giustificazionistiche di Nolte
sull’equivalenza tra nazismo e stalinismo rientrano «nel progetto classico
dello storicismo tedesco», giacché «il grande obiettivo che Nolte si dà è
quello di tutta la ‘filosofia della storia’ tedesca, da Herder fino a
Meinecke: restituire ai tedeschi, soprattutto in periodi difficili, la fiducia
in se stessi e la loro fede nella storia» (p. 637). Del resto Nolte è, sempre
a giudizio dello storico ebreo che, forse, non conosce neppure la meinec-
kiana
Catastrofe della Germania
, «molto vicino al pensiero di Meinecke»
(p. 174), anzi è «discepolo in senso proprio e figurato di Heidegger, erede
diretto del Meinecke degli anni ’30» (p. 638). Qui è davvero difficile non
ridere a crepapelle: di tutto ho letto su Heidegger, tranne che fosse
«erede» e discepolo di Meinecke. Del che non è dato neppure dubitare
considerato che Meinecke con Troeltsch, l’altro «gran sacerdote dello sto-
ricismo», ha «subìto una profonda influenza spengleriana» (p. 507), allo
stesso modo del «Meinecke italiano» (p. 504), Benedetto Croce.
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