DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
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3. Di Croce lo Sternhel ci offre una caratterizzazione degna di approfon-
dimento, tanto
suggestivi
sono i termini identificatori e
brillanti
e talvol-
ta
eleganti
i paragoni. Eccone uno: «Cattolico come Sorel», Croce, «non
poteva che provare un disagio intenso, quasi
viscerale
, di fronte all’Illu-
minismo, disagio che doveva manifestarsi in una violenta campagna
durata più di un quarto di secolo contro la democrazia» (p. 497). Infatti
(naturalmente almeno per chi non voglia perder tempo con quella cosa
inutile che sono le date) Croce aveva studiato Vico (e indirettamente
Herder) diffondendo la stessa visione storicistica di Meinecke (cfr. p.
504), tenendo ben vivo l’anti-illuminismo che gli aveva instillato Marx,
quando lo aveva salvato dalle «alcinesche seduzioni della dea giustizia
e della dea umanità» consentendogli di restare «fermo in tale atteggia-
mento», lui che «in questo periodo è anche un convinto darwinista so-
ciale» (p. 504). Come si vede prospettive del tutto nuove per lo studio
di Croce che andrà rinnovato secondo le suggerite proposte! Per pre-
pararsi al lavoro rinnovatore sarà qui bene fermarsi sulla lettura di
Vico, tanto tributaria a Sorel, appassionata e approfondita lettura an-
che di Mussolini, col quale di non poco momento furono i rapporti di
Croce. Ormai il discorso dello Sternhel può procedere spedito verso la
meta, che, invero, non è granché diversa dalla partenza. Abbiamo già
sentito dei rapporti con Spengler ed altri, funzionali al nazi-fascismo,
anche se non furono rapporti personali e diretti del maestro italiano.
Del resto, atteggiamento del tutto coerente dato l’odio feroce per l’ «Il-
luminismo franco-kantiano» e i suoi valori. Dopo il 1945 un «enorme
sforzo» venne compiuto «per minimizzare il ruolo nel fascismo nella
storia d’Italia», ed «occultare» il «contributo» di Croce «all’ascesa al
potere di Mussolini» (p. 495). Resta indiscutibile che «nessuno capiva
il fascismo meglio di Croce, nessuno aveva una visione più esatta del
suo contenuto intellettuale e della sua funzione politica», del tutto con-
formi alla «opposizione alla democrazia che Croce segue a partire dai
primi del Novecento». Opposizione che «non è il frutto di qualche
opportunismo», ma, molto peggio, deriva dal «suo metodo ‘contro il
XVIII secolo’», che «definiva esplicitamente gli obiettivi della sua cri-
tica intellettuale» (p. 502). Questa, infatti, era rivolta alla «difesa delle
élites sociali e culturali su un nuovo terreno»: «proteggere l’alta cultu-
ra dal pericolo costituito dalla istruzione primaria obbligatoria». La
riforma crociana (e gentiliana) della scuola era ispirata dalla «paura di
un sistematico logorio della cultura alta e di una perdita di una posizio-
ne che le spetta nella vita sociale». Si tratta delle preoccupazioni di
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