DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
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non sia, in certi casi, utilmente e opportunamente somministrata» (p.
503). La dotta e succulenta citazione serve a precisare che Croce s’era
opposto al futurismo, «movimento collettivo e volitivo e gridatorio e
piazzaiolo» (vale a dire in qualche misura democraticistico), non al
«carattere positivo del movimento futuristico». Nel che Croce aveva
incontrato un altro correligionario tedesco, Thomas Mann, che «pro-
prio come Croce, ha portato, prima del 1914 e subito dopo la guerra, un
feroce attacco contro la democrazia e contro ogni forma di cosmopoli-
tismo» (è appena il caso di sottolineare che Sternhel è sempre generoso
nelle individuazioni polemiche ‘precise’ come questa sull’anticosmopo-
litismo di Thomas Mann). Certo, «messo di fronte alla realtà del
momento, e contrariamente a Meinecke», il grande scrittore «abbando-
na comunque il suo paese, cosa che non può cambiare il fatto di avere
avuto un ruolo nella lunga preparazione degli spiriti senza la quale l’av-
vento del nazismo non sarebbe stato possibile» (p. 539): un bell’esem-
pio di storia in base principio
post hoc ergo propter hoc
. E, in ogni caso,
già sappiamo che il «ravvedimento» di Mann e di Croce indica soltanto,
a conferma degli enunciati, rigorosi criteri storiografici sternheliani,
«l’ampiezza del fenomeno» del fascismo (p. 540) senza consentire alcu-
na giustificazione dei rei confessi Croce e Mann, applicando gli stessi
criteri dei processi nazistici o staliniani alla Vichinsky contro gli opposi-
tori dei rispettivi regimi totalitari. Una piccola prova della legge del con-
trappasso, del resto pienamente giustificabile in base ai criteri del moni-
smo proprio della «libertà positiva» coerente con l’universalismo e il
razionalismo assoluti dell’ «Illuminismo franco-kantiano», tutte cose
che possono dirsi sempre che tutti questi termini si adoperino con svel-
ta indifferenza quanto ai problemi che implicano. Ma tant’è.
Che dire ancora, quando è ormai tutto chiaro e il discorso può av-
viarsi alla fatale conclusione negli stessi termini coi quali era partito, fe-
dele alla tenace, pur se sempre più noiosa ripetizione della pregiudizia-
le scelta di campo? Bisognerebbe rispondere null’altro se, dovere di in-
formazione e completezza, non richiedesse di sostare, ancora un mo-
mento, sull’ultimo illustre eponimo dello «storicismo» «contro l’Illumi-
nismo», Isaiah Berlin.
4. Allo studioso anglo-russo neppure l’origine ebraica aiuta a salvar-
lo dalla requisitoria dello Sternhel. Non scherziamo, come non si può
dinanzi a un così feroce «odiatore» della democrazia dell’«Illuminismo
franco-kantiano»! Dinanzi alla tenace ripetizione degli stornelli del