FULVIO TESSITORE
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ra morale ed ideale» con il determinato «flusso temporale della co-
scienza», tanto da mettere in discussione la molteplicità dei soggetti
singoli a vantaggio del Noi intersoggettivo. Husserl ritenne necessario
ricorrere alla «epoché fenomenologica» per purificare l’io dall’espe-
rienza, sollevandolo in una dimensione eidetica che ne annulla ogni re-
lazione con i fenomeni, facendogli conoscere il «senso del mondo e
delle sue oggettualità» soltanto nelle descrizioni di una «fenomenologia
trascendentale», che – come ha detto con lucidità spregiudicata Piova-
ni – si riduce al pensare con tanta capacità razionale da riuscire a chiu-
dere gli occhi della mente per non ammettere il mondo qual è, cioè
nascondendolo solo per depurare il mio io, contaminato dal contatto,
irrazionale o sub-razionale, dell’esperienza». Insomma una filosofia af-
fidata alla rigorosità scientifica di un’ontologia pura che ne assicura ‘le
essenze’. Mentre era proprio tale «essenza della filosofia», per dirla con
Dilthey, che andava ripensata per abbandonarne il significato di scien-
za di cause prime, di scienza dell’essere. A mio giudizio il documento
maggiore di questa husserliana ‘paura’ restauratrice è rappresentato
dalla
Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale
, che
è, insieme, una lucidissima e angosciata diagnosi del declino cui è con-
dannata l’umanità europea per aver seguito, nell’evoluzione della scien-
za moderna, le suggestioni e le scoperte galileiane col loro mettere in
discussione il significato (l’essenza) dell’umano (in sostanza l’eterno giu-
snaturalismo di fondazione aristotelico-stoica) e una non meno radicale
restaurazione da affidare al ripensamento della universale razionalità
della filosofia greca, fondamento di tutte le scienze particolari per evita-
re che queste e la stessa filosofia si risolvano nei saperi positivi così come
impongono i progressi della scienza e della cultura filosofica secondo
quanto insegna lo storicismo radicale. A sua volta Heidegger, dopo aver
visto e intravisto la temporalità e la temporalizzazione dell’esserci in
quanto «l’analisi della storicità dell’esserci tenta di mostrare che questo
ente» è «temporale nel fondamento del suo essere», nega precipitosa-
mente la possibilità di uscire da questa storicità che non è altro se non
l’ontologia dell’esserci, il fondamento dell’Essere e dell’esserci. In tal
senso l’esserci non costruisce, responsabilmente, la sua storia «sul fon-
damento della sua appartenenza a un mondo», perché questo mondo
l’esserci lo riceve attraverso la sua
Geworfenheit
, ossia nel «suo essere-
gettato-nel mondo», sussistente in sé e per sé e così vissuto dall’esserci
in esso «gettato». Il problema di Heidegger è quello della «com-
prensione ontologica della storicità», ragion per cui il problema della