FULVIO TESSITORE
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lezza della straordinaria
trasformazione
culturale, preferendosi non a caso
utilizzare anziché questa parola l’altra di
crisi
nel senso di Husserl, ossia
come declino, e non come evenienza del nuovo e del diverso annunciato
dai movimenti sopra richiamati. La straordinaria trasformazione è quella
che invita a ripensare il fondamento della coscienza europea mettendo in
discussione proprio questo fondamento, sviluppando la lucida intuizione
kantiana che aveva cercato il valore del limite nel significato del fonda-
mento, fino al punto di collocare il limite nel fondamento. Anziché segui-
re lo sviluppo, certo ambiguo, difficile, rischioso di questa ‘trasformazio-
ne’, il tentativo di non vederla o, meglio, di esorcizzarla e addomesticarla
ha avuto due conseguenze eguali e contrarie, egualmente devastanti. Da
un lato il netto rifiuto, un vero e proprio
vade retro
che quando non ha
respinto i risultati della scienza non deterministicamente prevedibili nella
loro novità, ha cercato di normalizzarli attraverso la impossibile ripropo-
sizione del nesso indissolubile
fides-ratio
, dove la
ratio
è solo l’esplicazio-
ne della
fides
. Da qui il ripercorrere le vie di un rinnovato giusnaturali-
smo, confondendo, in ogni caso contro la storia e il realismo della storia,
la tramontata dottrina del diritto naturale con la aspirazione perennemen-
te ritornante alla giustizia, la cui espressione maggiore è l’evocazione e il
disperato tentativo di fondazione dei ‘diritti umani’, i quali risultano
infondabili fino a quando non se ne dà una lettura storicisticamente rea-
listica, anziché fiduciosa in una umanità insussistente vista come un tutto
natural-soprannaturale la cui responsabile gestione è affidata a chi ne
‘conosce’ fino in fondo il significato e la funzione, così da riproporre, nel-
l’aggiornamento delle ideologie inglobanti l’utopia, l’antico «ragionate
ma ubbidite», che segnò il dispotismo ‘illuminato’ e la sua tragica crisi,
destinata a travolgere anche l’umanesimo cosmopolitico e razionalistico
delle
Lumières
e dell’
Aufklärung
, che lo storicismo non ha rifiutato ma
ripensato. Da un altro lato il disconoscimento dei limiti della ragione e la
riaffermazione acritica della sua direttrice totalitaria, perché risolutrice
dei termini individuali e individuati, ha scatenato l’abisso del totalitari-
smo (manifestazione del culto della totalità e dei suoi interpreti), che ha
spalancato le porte al nichilismo, scambiato come conseguenza non già
dell’assoluto impossibile a trovarsi – e perciò invano ricercato nelle sue
fonti misteriche e misteriose – ma del pluralismo relazionistico dello sto-
ricismo, a sua volta identificato col relativismo inteso quale indifferenti-
smo etico: una vera e propria ignorante stupidità.
La filosofia dominante non ha seguito la scienza (o almeno non ha
aiutato la scienza) a sviluppare l’idea galileiana della ricerca razionale
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