DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
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salismo e diritti individuali, o, addirittura, individualismo; «storicismo
giusnaturalistico» e via di simil passo. Ciò capita perché si parte dalla
idea, senza
nuances
, secondo la quale l’illuminismo è la proclamazione
della immodificabile uguaglianza della natura umana, e, al tempo stes-
so, la matrice dell’individualismo produttore del (e prodotto dal libe-
ro) mercato, quando non, addirittura, del capitalismo, che stritola gli
individui empirici nel poderoso ingranaggio dell’individualismo degli
interessi. Perché la «libertà degli antichi» si trasforma, dopo la contrap-
posizione alla «libertà dei moderni», nella forma più contemporanea di
‘democrazia’, capovolgendo la funzione della «libertà dei moderni»
generatrice dei sistemi liberali. O ancora quando, nella stessa linea, si
ritiene che lo storicismo sia una delle forme, e, forse, la peggiore, di re-
lativismo, ma, al tempo stesso, gli si attribuisce quale carattere essenzia-
le la difesa della tradizione, quanto di più assoluto possa concepirsi
nella sua conservatrice stabilità contro ogni disordine della dinamicità
della vita – non a caso individuando nella chiesa cattolica la incrollabi-
le roccaforte della stabilità, alleata indispensabile dei «liberali storicisti-
ci» intenti «a stringere un rapporto con l’elemento religioso» così da
preservare e mai illanguidire la «tradizione occidentale» di unilateral-
mente enfatizzate radici cristiane, con tutto il bagaglio che «ha prodot-
to in termini di libertà individuale e di libertà collettiva» contro «la
relativizzazione della tradizione» che è «vocazione illuministica», il pre-
ciso contrario dello storicismo=tradizione. Ed è appena il caso di ri-
chiamare quanto sia antiquata e rozza l’identificazione dello storicismo
con la tradizione intesa come conservazione e non condizione di dina-
mico sviluppo. Insomma una sarabanda cosmica e comica (se non fosse
di tragiche conseguenze) di avvenimenti storici avvicinati con la supre-
ma disinvoltura di chi, non provvisto né di storia dei fatti né di storia
delle idee, può tranquillamente – con la tranquillità dell’ignoranza –
frullare componenti diverse per servire una bevanda dal sapore allet-
tante, anche se, a medio e lungo assaporamento, indigeribile come tutti
i disgustosi frullati delle speculazioni strumentalmente avanzate. Al di
là di simili miserie, che hanno visto in campo – e non da oggi, ma oggi
più di ieri – gli esercizi di storici e filosofi gazzettieri, impegnati in ru-
morosi quanto rozzi processi di pericolosi ideologismi, per tornare al
discorso rigoroso giova riprendere in considerazione un vecchio libro
di storia delle idee il cui titolo e sottotitolo vanno attentamente letti:
La
filosofia della storia dopo Hegel. I problemi dello storicismo
(1974) di
Herbert Schnädelbach. Questi s’era industriato ad individuare alcune
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