DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
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vita
e
verità
, tra storia e dogma. Questa via è la
tradizione
che «non è
semplice succedaneo dell’insegnamento scritto» della chiesa. «Essa si
fonda senza dubbio sui testi, ma si fonda nello stesso tempo e prima, su
qualcosa d’altro da essi, su un’esperienza sempre in atto, che le permet-
te di rimanere sempre, sotto certi aspetti, padrone dei testi senza esser-
vi asservita». Questa tradizione «sa conservare del passato non tanto
l’aspetto intellettuale quanto la realtà vitale»: un modo come un altro
per dire le emozioni e i sentimenti irrazionali, che la
ratio
ellenizzante
deve regolare perché sia compiutamente
fides
, ossia verità di fatto o di
ragione. In tal modo il filosofo dell’azione ritiene di garantire la «logi-
ca della vita morale», in quanto si tratta di definire l’attività morale sog-
giacente ai processi razionalistici, che indicano «le vie molteplici […]
mediante le quali la conoscenza chiara e fondata giunge ad esprimere
sempre più pienamente la realtà profonda dove essa si manifesta».
Appare chiaro – alla luce della convinzione che «il Vangelo è nulla
senza la Chiesa, l’insegnamento delle Scritture nulla senza la vita della
cristianità», l’esegesi «nulla senza la tradizione» – che il vero
criterio
, la
vera
misura
, la vera e rigorosa
norma
dell’azione è la chiesa, «senza la
quale il fedele non decifrerebbe la vera scrittura di Dio nella Bibbia e
nella sua anima».
Siamo certo ben lontani, per dignità di fede e di dottrina, dai pastic-
ciati teologumeni dei cosiddetti Teocon, dei «liberali storicisti», perché
siamo dinanzi ad una idea dell’ontologia della storia, pur se modesta
qualora fosse confrontata con ben altre raffinate e scaltrite ipotesi di
«storicismo esistenziale».
Di recente, però con intento di inesorabile conservazione dottrina-
le, s’è potuto metabolizzare anche questo sforzo di mediazione per
combattere l’ «universalismo illuministico» ed ancor più l’«universali-
smo storicistico» in nome d’un universalismo più forte di quello nobi-
lissimo quanto astratto evocante l’eguale umanità degli uomini, matri-
ce dei diritti dell’individuo, ovvero, una razionalistica deduzione del-
l’individualismo dalle società del libero mercato e del capitalismo. Si
tratta dell’universalismo temporale, concretissimo e assai meno nobile,
della chiesa cattolica, che è, infatti, in rinnovata lotta contro l’illumini-
smo kantiano del «sapere aude» (ed ancora una volta basta citare l’or-
mai famoso discorso di Ratisbona) e lo storicismo dell’individuo, en-
trambi, diversamente, ritenute forme pericolose di relativismo, enfatiz-
zando (in un caso l’edonismo e il consumismo che sono le patologie e
non le fisiologie dell’illuminismo; e nell’altro la secolarizzazione, il plu-