DI VICO E DI ALTRI STORICISTI
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ne concettuale» del lavoro storiografico, in base al convincimento che
«la stessa validità dei concetti e delle norme» utilizzate e seguite nel
lavoro storiografico siano «soltanto qualcosa di dato storicamente». Si
tratta cioè di «un generale
relativismo
storico nel campo della conoscen-
za e della morale». In sostanza si tratta della giustificazione teorica dello
«storicismo», il processo di concettualizzazione di esso, la storia come
conoscenza di sé. «Lo storicismo (3)» è, in buona sostanza, il processo
di storicizzazione di ogni pensiero dell’uomo, della sua cultura e dei suoi
valori, che Troeltsch contrappose al «naturalismo», ossia al tentativo di
spiegare, in base a modelli empirici e matematici, «la natura in sé» stac-
cata dalla spiegazione metafisica di essa. Una tesi che verrebbe da assi-
milare all’interpretazione di Croce che riteneva, in senso non diverso,
essere lo storicismo il «superamento» in quanto razionalismo concreto e
storico e lo sbocco dell’astratto razionalismo delle
Lumières.
Insomma,
per dirla con Mannheim, che sviluppa Troeltsch, una «Weltan-
schauung» del presente, il modo di interpretazione che è alla base di
ogni comprensione del mondo. In tal senso lo «storicismo» è la contrap-
posizione dell’illuminismo, se questo è l’ideale metafisico delle
scienze
naturali
di spiegare la natura umana universale e immutabile. E però lo
sviluppo del concetto caratterizzante lo «storicismo», in quanto rivendi-
cazione dell’«individualità storica» che concretizza l’universalità della
natura umana per realizzare i dati della ragione e non lasciarli nell’ipe-
ruranio dell’astrazione, ha comportato due conseguenze tra di loro lega-
te. Queste – da un lato, seguendo le magistrali ricerche di Cassirer sulla
«conquista settecentesca del mondo storico» e, conseguentemente, la
capacità kantiana di individuare razionalmente i limiti della ragione non
estranea all’Illuminismo – consentono di riscattare lo «storicismo» dal-
l’accusa di irrazionalismo, tanto da far dire a Schnädelbach che esso «è
un Illuminismo», un «Illuminismo storicistico».
Che cosa può derivare da tutti questi discorsi, qui solo rapidamen-
te impostati? In primo luogo – come anche il Lenci ricorda sulla base
di una consistente e spesso autorevole letteratura critica – più che di
«Illuminismo» bisogna parlare di «Illuminismi», non solo nel senso
della non sovrapponibilità delle varie dimensioni nazionali del gran
moto, dalle
Lumières
francesi all’inglese
Enlightment
, dalla tedesca
Aufklärung
all’
Illuminismo
italiano, per dire solo delle maggiori incar-
nazioni, ma anche in quello dell’attenzione del movimento riformatore
per i processi specifici, particolari e concreti della vita storica (tipo
quello del rapporto con la religione), in modo da contrastare la polemi-
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