FULVIO TESSITORE
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ca idealistica e neo-idealistica contro l’illuminismo ritenuto una sorta di
razionalismo astratto, ignaro dei bisogni e delle esigenze della vita so-
ciale, perciò condannato al fallimento dell’utopismo giacobino o nella
antistoricità. In secondo e più rilevante luogo, la possibilità di avverti-
re il significato delle problematiche «metamorfosi dell’anti-illumini-
smo», cui io ho aggiunto quelle dello stesso Illuminismo. In tale dire-
zione il vero elemento caratterizzante il movimento illuministico, giu-
stificatore delle ritornanti domande sulla sua attualità ed utile funzione
quale tappa centrale nello sviluppo della modernità verso la non mo-
dernità, è da individuare seguendo Mark Lilla (ad esempio nello scrit-
to
Che cos’e l’anti-illuminismo
del 1966) nella natura della categoria di
Illuminismo e di anti-illuminismo come qualcosa di non storico all’in-
terno dell’esperienza umana. Ad essere più precisi, si tratta di ricono-
scere la non uscita dell’illuminismo (e conseguentemente dell’anti-illu-
minismo) in tutte le sue forme da una struttura ontologica, pur laica e
immanentizzata (non metafisica) così da renderlo fondamento non dirò
dello storicismo e neppure della teoria della coscienza storica in senso
proprio (ossia radicalmente antiontologica) ma della filosofia della sto-
ria, vale a dire la storia universale
en philosophe
e non quella che
Dilthey chiamava la «nuova storia universale».
In tal senso si può convenire con Schnädelbach quando parla di «Il-
luminismo storicistico», di cui rintraccia le tappe, non a caso, nella
«filosofia della storia dopo Hegel», riducendo lo storicismo ad un pro-
blema di siffatta filosofia della storia. Voglio dire che, specie in senso
pragmatistico e di lotta politica (non a caso Lenci ritrova i termini della
polemica di cui descrive la storia nella pubblicistica più che nella scien-
za storiografica), il mancato chiarimento concettuale di «Illuminismo»
e «storicismo»; la carente definizione delle «dimensioni» dell’illumini-
smo e dello storicismo da individuare nel nesso di teoria e storiografia
dell’uno e dell’altro; l’accettazione – esplicita o implicita – della tipica
impostazione postmoderna tributaria dell’ontologistica neo-metafisica
husserliana e heideggeriana (all’insegna della «crisi delle scienze euro-
pee», e del primato della tecnica) hanno consentito – non solo nel mi-
serrimo campo delle strumentalizzazioni politiche, davvero tanto insi-
gnificanti quanto empiricamente chiassose – gli ossimorici avvicina-
menti, che giustificano erronee polemiche, non solo quella disinforma-
ta dello Sternhel, ma anche quelle di numerose concezioni teoriche e
etico-politiche, trattate da Lenci nella sua informata ricerca. Per inten-
dere, oggi, in termini di scienza rigorosa della storia e di scienza etica,
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