GIUSEPPE CACCIATORE
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ge l’originalità della prospettiva di Otto, la quale, come si può capire,
sta nello sforzo di sottrarre la
Geistesgeschichte
ad un limbo, all’incerto
appartenere o alla filosofia e alla sua vocazione sistematica o alla storia
delle idee. Appoggiandosi, sia pur in modo non acritico, alla formula-
zione diltheyana della storia dello spirito e delle sue oggettivazioni e
alla riflessione cassireriana sulla necessaria relazione tra strutture for-
mali del pensiero e ricostruzione storica, Otto ritiene che si possa legit-
timamente parlare di una ricerca
geistesgeschichtlich
che si ponga come
analisi strutturale sistematica in grado di accompagnare gli ineliminabi-
li passi della ricerca storica. In definitiva, si trattava di una vera e pro-
pria teoria, filosoficamente fondata, del sapere storico. Ed è proprio
ispirandosi a Vico ed alla sua idea di relazione tra filologia e filosofia
che Otto può sostenere l’interna coerenza tra la soggettività attiva e
costruttiva e i materiali della storia.
Il secondo itinerario, tematicamente e filosoficamente connesso al
primo, e che più degli altri aspetti ha conferito forza ed originalità alla
teoresi di Otto, riguarda la fondazione critico-sistematica del rapporto
tra ragione e storia da un punto di vista filosofico-trascendentale. Nei
due volumi di
Rekonstruktion der Geschichte
, Otto mette a confronto
la sua idea filosofica di storia, sia con la critica della ragione storica di
Dilthey, sia con il tentativo husserliano di fondazione fenomenologica
dei saperi umani. L’ampliamento di prospettiva rispetto a Dilthey è evi-
dente, perché non si tratta più soltanto di ricostruire il nesso tra condi-
zionatezza della ragione storica e ruolo della soggettività nella creazio-
ne del sapere, anche di quello filosofico. Il problema diventa ora, nella
prospettiva di Otto, quello di mettere in relazione la critica del sapere
storico con le forme di legittimazione ‘metacritica’ del più ampio sape-
re trascendentale. La giustificazione trascendentale, tuttavia, non può
certo essere affidata soltanto al momento analitico e fenomenologico.
È, allora, proprio rispetto a questo punto, che nell’articolata riflessione
filosofica di Otto entra in scena il pensiero di Giambattista Vico, l’au-
tore al quale egli ha dedicato numerosi saggi, libri ed edizioni (è esem-
plare, tra l’altro, l’edizione tedesca, con testo latino a fronte, del
Liber
metaphysicus
e delle
Risposte
, curata da Otto, in collaborazione con
Helmut Viechtbauer, nel 1979).
Ed è grazie a Vico che si è potuto creare tra Stephan Otto e Napoli un
legame profondo dal punto di vista umano e filosoficamente produttivo.
Degli studi di Otto su Vico parlavamo io e Giuseppe Cantillo già nel 1980
in un saggio di
Materiali suVico in Germania
e fu l’inizio di un intenso ed