NOTE SU
TRA RELIGIONE E PRUDENZA
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prediletta da Vico – il lettore è messo in condizione di comprendere
preliminarmente le differenze tra «l’antico ‘saggio stoico’ […] e il ‘sag-
gio moderno’». E nelle tesi degli autori moderni (Montaigne, Charron,
Pascal, Nicole, Malebranche, e in ambito più vicino a Vico, Caloprese
e Doria) sull’equilibrio che il saggio deve saper trovare nel rapporto tra
la dimensione privata e la sfera pubblica della politica, potrà cogliere
l’orizzonte completo entro il quale il filosofo napoletano si muove.
Troverà agevole, dopo la ricostruzione precisa del contesto intellettua-
le, cogliere l’originalità dell’approccio di Vico e le diverse modulazioni
del ruolo del sapiente (nei suoi rapporti col ‘volgo’) nelle varie fasi della
sua riflessione. Se il ‘primo Vico’, ad esempio, riteneva che l’«ufficio
fondamentale di circolazione del sapere» fosse ad esclusivo appannag-
gio dei «‘sapienti’ definiti secondo moduli tradizionali di ascendenza
umanistica», il Vico ‘maturo’ individua nei
sapientes-prudentes
coloro
che hanno cognizione delle «intellegibili cose» ma sono, al tempo stes-
so, «capaci di muoversi o consigliare nel migliore dei modi nella sfere
delle ‘agibili’ cose»: «nel formare le classi dirigenti, anche nell’assistere
e consigliare i sovrani, fornire loro quadri di funzionari, etc., comunque
nel non far disperdere, ma nel confermare e incrementare, tra i ‘molti’,
le ragioni del vivere civile» (pp. 88-89).
La felice impostazione saggistica adottata da Nuzzo consente, inol-
tre, di sondare il senso profondo di termini e concetti da Vico non sem-
pre assunti nei significati correnti. L’indagine svela differenze e impli-
cazioni non immediatamente coglibili, ma che rendono – se comprese
– la cifra profonda del pensiero vichiano. È il caso del saggio dal titolo
Gli ‘eroi ossimorici’ di Vico
; saggio, per certi versi, consonante con quel-
lo sul ‘diniego della
sagesse’
. Entrambi i lavori, infatti, mettono in risal-
to la vocazione pratica della filosofia di Vico nel concepire l’azione (del
sapiente come dell’eroe) costantemente rivolta ad un destinatario col-
lettivo (l’intero genere umano). Vico, infatti, esclude che vi siano veri
sapienti tra gli infruttuosi «filosofi monastici o solitari», come conside-
ra ‘inutili’ gli eroi motivati solo dalla ricerca della gloria personale.
Il mondo degli eroi vichiani, indagato con la lente dell’ossimoricità
«che governa intimamente» – secondo Nuzzo – «tanta parte della
riflessione di Vico» (p. 123), consente di capire che per Vico l’eroe non
è tale per un imprescindibile carisma personale, ma lo diventa median-
te un’azione paziente e continuamente produttiva di benefici per tutti
gli uomini.
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