NOTE SU
TRA RELIGIONE E PRUDENZA
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ri mai battuti da altri – trionfo della singolarità – e varca la soglia della
molteplicità per cogliere l’unità del principio. Ebbro per le vertigini
prodotte dall’avventura venatoria, merita, dopo l’infausta conclusione
della vita mortale, la contiguità con gli dèi. Ma tale conquista è solo sua.
Anche se lo volesse quell’esperienza tendente all’
indiamento
non può
comunicarla ad alcuno, la lingua umana non ha questa capacità.
Atteone-Bruno è aristocraticamente lontano dal ‘volgo’, interpre-
tando la solitudine (e la sua intera vicenda) come un segno di superio-
rità. Gli eroi di Vico non somigliano neanche alle figure esemplari isto-
riate sulle mura interne della
Città del Sole
di Campanella, né alle per-
sonalità frequentemente citate, per favorire l’emulazione, nelle due
redazioni della
Poetica
. Piuttosto essi, oscuri e silenziosi, hanno qualco-
sa in comune con gli eroi della scienza descritti da uno dei ‘suoi’
autto-
ri
, Francis Bacon. In uno degli aforismi che concludono la prima parte
del
Novum Organum
, il cancelliere inglese plaudiva alla scelta degli anti-
chi di attribuire onori divini agli inventori e non ai «benemeriti nella vita
politica come i fondatori di città e di regni, i legislatori, i liberatori della
patria da mali ormai radicati, i vincitori delle tirannidi, e così via». A
questi ultimi – scrive Bacon – «accordavano
solo
gli onori destinati agli
eroi». E ciò perché «i benefici delle invenzioni […] possono riguardare
tutto il genere umano», mentre un intrepido guerriero è celebrato «solo
in certe regioni». Ai primi viene giustamente tributata fama eterna men-
tre la memoria delle gesta di guerrieri e politici non dura «di più di
pochi anni» (F. B
ACONE
,
La grande instaurazione
, a cura di M.
Marchetto, Milano, Bompiani 1998, p. 235). Ed anche gli inventori, a
conclusione della
Nuova Atlantide
, non vengono più ricordati col loro
nome ma solo per la loro meritoria scoperta (l’inventore «delle navi
[…], della musica, […] delle lettere, […] dei lavori in metallo»
etc
.).
L’umanità è al centro di un altro saggio presente nel volume:
Citta-
dini della storia. La «gran città del gener’umano» in Vico
. In esso, Nuzzo
analizza il contributo del pensatore napoletano al chiarimento del pas-
saggio compiuto dagli uomini quando si lasciano alle spalle la
ingens
sylva
e s’incamminano verso l’incivilimento rappresentato dalla città. In
tale movimento si riconosce l’intero genere umano «il quale conosce
distinzioni di nazioni, difformità dei loro tempi di sviluppo, ma nessu-
na sostanziale differenza tra di esse che consenta di escluderne qualcu-
na dal novero della città umana» (p. 295). Vico, quindi, mette da parte
le caratteristiche specifiche e la storia identitaria dei singoli popoli (che
aveva trattato, ad esempio, nel
De antiquissima italorum sapientia
) per