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MAURIZIO MARTIRANO
di una «sapienza riposta», ma piuttosto perché vi agisce una «mente» che
viene alla luce nella forma di un «intelletto» politico, come momento in
cui il «vero» è frutto di una produzione spontanea, anche se, come avver-
te l’A., «all’interno di un disegno provvidenziale che non ha lasciato sof-
focare per sempre la ‘vis veri’ racchiusa nell’umanità smarrita; ma non più
in semplice conseguenza del ‘metus dei’»
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. Da qui ha origine quella
dimensione della ‘filosofia pratica’ che, riflettendo sulle condizioni della
sua genesi e sulla «costitutiva destinazione pratica di cui deve diventare
consapevole», si allontana da una forma ‘solitaria’ per scoprire il livello
della prudenza come quello destinato alla responsabilità della formazio-
ne politica e culturale. Come si accennava all’inizio, è proprio su questi
elementi che il discorso di Nuzzo rivela anche tutte le preoccupazioni e
le ansie del pensatore che fa della conversione tra l’universalità della
«mente» e l’utilità dei «sensi» uno dei motivi attraverso i quali gli uomini
possono «riconoscersi almeno parzialmente arbitri del proprio destino».
Una modalità che consente alla filosofia, in quanto «filosofia pratica», di
«riflettere sulle fondative condizioni ‘pratiche’ della sua stessi genesi e
sulla costitutiva destinazione pratica di cui deve diventare consapevole» e
a cui devono lavorare i ceti che assolvono funzioni civili, che hanno
responsabilità di formazione culturale.
Quelli finora discussi sono solo alcuni dei molti percorsi che la ricer-
ca di Nuzzo traccia in questi saggi. Essi si interrogano anche intorno ad
altri temi di grande rilevanza, come quello della ‘
Saggezza moderna
’
e
‘sapienza-prudenza’ nella cultura napoletana tra ’600 e ’700. Vico e il
diniego della
sagesse (un argomento rispetto al quale occorre ricordare
i contributi che Nuzzo ha dedicato anche ad autori francesi come Saint-
Evremond), del ‘giuramento sacro’ come fondamento metapolitico del
potere, del diritto di resistenza, riflessioni volte a mostrare e a definire
il significato della «filosofia pratica» e dei suoi rapporti con la filosofia
politica. Infatti è proprio l’orizzonte aperto dalla «razionalità pratica»,
che è quella stessa della ragione umana in quanto costitutivamente civi-
le, intersoggettiva, ‘prassistica’, a collocarsi sul piano di una ‘razionali-
tà agente’ in grado di costituire il tessuto dello spontaneo, ma ordina-
to, procedere della storia umana, che è poi lo stesso piano sul quale
insiste la «razionalità pratica» intesa come «prudenza politica».
M
AURIZIO
M
ARTIRANO
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Ivi, p. 227.