il passaggio «da un tipo di cultura oziosa ad uno improntato a caratteri di veri-
tà e di umanità […] più che attraverso i caratteri di un pedagogismo gratuito»
(p. 153). L’idealità della storia e non la congiuntura di un processo politico
sarebbe pertanto per l’A. il termine di ‘riqualificazione’ delle coscienze, men-
tre il vichismo viene identificato come il proposito generale di una rifondazio-
ne etica e mentale.
Riguardo al contributo su Vincenzo Monti (
Inediti poetici del Monti e il
Fondo Grossi
, pp. 163-194) Giannantonio si esprime, invece, prima sulla ‘sin-
cerità’ lirica del poeta, mentre subito dopo si sofferma su alcune poesie di
argomento intimo composte tra il 1815 ed 1826 (i cui manoscritti – riprodot-
ti in
Appendice
alla fine di questo capitolo – sono conservati presso il ‘Fondo
Grossi’ della Biblioteca Civica di Treviglio), che attestano un mutamento pro-
fondo nel registro stilistico di Monti, come pure una notevole diversità argo-
mentativa rispetto al resto della sua produzione poetica. Più interessante è il
capitolo dedicato alla fortuna degli studi sul romanzo napoletano della prima
metà dell’Ottocento, e al dibattito scaturito subito dopo la pubblicazione dei
Promessi sposi
(
L’infrazione e la norma: il modello manzoniano e scottiano a
Napoli nel primo Ottocento
, pp. 195-225): «Più che il modello manzoniano,
troppo compromesso con ragioni di arte, oggetto di ammirazione incondizio-
nata da parte degli intellettuali del Sud fu il modello scottiano, il cui condi-
mento immaginativo si prestava ad una campionatura epica della storia, come
palestra di forti passioni, di eccitanti sentimenti e di modelli assoluti di com-
portamento» (p. 202).
Nel clima dell’Italia indipendentista le riflessioni su Manzoni di Carlo
Tenca (
I giudizi di Carlo Tenca su Manzoni
, pp. 227-265) si impongono –
secondo l’A. – per essere la messa a punto di una strategia di letterarietà coe-
rente con le premesse estetiche e i presupposti di pensiero di un certo tipo di
Romanticismo, chiamato a legittimare in Europa la tradizione culturale italia-
na. Emerge pertanto nelle pagine dedicate a Tenca non solo che Vico e
Manzoni rappresentano per il critico la legittimazione ideale di un certo tipo
di ‘modernismo’ lombardo e illuministico, ma anche che la novità maggiore
del pensiero di Tenca è da individuare nell’«innesto dell’esperienza umana sul-
l’esperienza storica, in cui le convergenze con Vico più che nell’ottica di una
metafisica della storia, e dunque di un moderatismo religioso, attengono alle
ragioni immanenti di una sostanza affettiva, non razionalmente astratta, ma
sensibilmente concreta, dell’individuo» (p. 237). L’ultimo saggio di questo
volume è infine dedicato ad Eugenio Camerini (
I giudizi manzoniani di
Eugenio Camerini
, pp. 267-292), i cui giudizi sui
Promessi sposi
appaiono all’A.
come il risultato di una tensione ideale che li pone al culmine, insieme a quel-
li di Tenca, di una formazione umana e di pensiero, che è testimonianza di un
preciso itinerario biografico. Giannantonio afferma di non concordare con
quella parte della critica che ‘liquida’ le pagine di Camerini in quanto espres-
RECENSIONI
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