zione, la ragione, il senso comune. Si tratta di ‘educare’ la ragione a saper con-
vivere ‘democraticamente’ con la fantasia e con le altre facoltà dell’anima in
modo tale da eludere la ben nota barbarie della riflessione. Se il governo del-
l’individuo deve rispettare tutte le sue voci, allora l’
isegoria
, come già in Mosè
Maimonide, assurge a primo stadio della scienza politica. Vico, argomenta
Alonso Rocafort, non delinea dunque mappe o modelli-guida che ci descrivo-
no com’è o come deve essere la natura umana, ma dimostra che l’uomo è espo-
sto alla storia, al pubblico, al sociale, e che la sua ricchezza interna, se portata
alla luce, si traduce in un riconoscimento della pluralità delle nazioni e dei loro
costumi.
Il saggio di Pablo Badillo O’Farrell,
El Vico de Collingwood
(pp. 41-56),
affronta un soggetto inedito nella storiografia filosofica spagnola, cioè la rice-
zione di Vico da parte del filosofo e storico inglese Robin G. Collingwood.
Badillo O’Farrell precisa che la lettura di Vico è stata suggerita a quest’ultimo
da Croce e che in qualche misura la ricezione vichiana da parte del filosofo e
storico inglese è filtrata attraverso la lente ‘deformante’ dell’interpretazione
crociana. Segnala quindi un punto chiave del pensiero di Collingwood in rap-
porto alla questione della presenza vichiana: nello sviluppo storico l’uomo crea
questa o quella forma di natura umana rielaborando nel suo pensiero il passa-
to di cui è erede, sicché se la mente umana può conoscersi meglio, per questo
stesso fatto opera in modi nuovi e distinti. Anche se tra Vico e Collingwood ci
sono alcune importanti divergenze (se ad esempio per il primo le idee sono sto-
riche, contestuali, la metodologia della storia del secondo presuppone che il
pensiero è un ‘oggetto eterno’), per entrambi si può dire che i problemi della
comprensione storica non possono esser risolti con i metodi e i procedimenti
delle scienze naturali. D’altro canto, osserva Badillo’O Farrell, è possibile intra-
vedere la prossimità dei due autori, peraltro su questioni essenziali e non su ele-
menti accessori delle loro rispettive ricerche, nella misura in cui non si sorvola
sul fatto che l’indagine di Collingwood sui problemi concettuali connessi alla
metodologia dell’indagine storica era considerata da questo pensatore come
une fase preliminare di un più ampio progetto: esaminare la dimensione stori-
ca nell’esperienza considerata come un tutto, il che comportava una riconside-
razione della natura delle mente e del linguaggio. Alla luce di questo program-
ma, si può meglio comprendere come Collingwood si mostri sensibile all’idea
vichiana secondo cui il pensiero razionale debba cooperare con altre modalità
dell’esperienza, storicamente date, tanto da attribuire un ruolo rilevante all’im-
maginazione dal punto di vista epistemologico. Entrambi gli autori, conclude
pertanto Badillo O’Farrell, hanno cercato di esplorare l’autentica dimensione
storica della filosofia e, ricusando la tesi secondo cui la natura umana è un feno-
meno già dato, hanno pensato l’identità umana come un fatto che si rivela
lungo il corso della storia nella molteplice attività degli uomini che cercano di
ritagliarsi uno spazio in un mondo inospitale.
RECENSIONI
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