che richiama appunto il carattere problematico e argomentativo del suo meto-
do di indagine e di ricerca della verità. Radicata nel fondo stesso della mente
umana, la topica si delinea dunque come un metodo ‘inquisitivo’ con base
empirica che, raccogliendo induttivamente il molteplice e riconducendolo
all’unità formale dell’idea, fornisce la materia per l’esercizio del corretto giudi-
zio e per la produzione di prove argomentative perfette. Il modello che Vico ha
qui presente è quello del ragionamento del giurista, che non è di carattere siste-
matico-deduttivo, bensì ‘aporetico’: si tratta cioè di indagare con gli strumenti
topici dell’analogia e della comparazione come è possibile applicare al caso
incerto la norma ad esso più vicina. D’Acunto conclude pertanto il suo saggio
mettendo in luce la riflessione vichiana sul tema dell’equità, sull’esigenza di
applicare la flessibilità della
Lesbia regula
quando ci sia una discrepanza tra le
lettera della legge e la volontà del legislatore, cioè di permettere alla legge di
adattarsi con elasticità al singolo caso. Tale elasticità della
Lesbia regula
consen-
te di comprendere e sondare la verità nelle azioni umane, il che avviene ricono-
scendo il giusto valore alla retorica negli studi e nella formazione.
Nel saggio
De la guerra o la concepción viquiana del uso de la fuerza públi-
ca externa
(
La expiación de la injuria o el restablecimiento del orden quebranta-
do
) (pp. 91-108), Francisco J. Navarro Gómez tematizza la concezione vichia-
na delle cause e delle ragioni della guerra attraverso un confronto storico con
quegli autori – dai classici al razionalismo della Riforma – che hanno trattato
questo argomento, mettendo in luce i punti su cui rispettivamente concorda-
no e sono in disaccordo. Lo studioso, dopo aver appunto ripercorso alcune
teorie sul fondamento e sulla legittimità della guerra (tra cui quelle di
Tommaso d’Aquino, De Soto, Gentili, Grozio, Vitoria, con riferimenti ad
Aristotele e Tito Livio), richiama la
V Orazione inaugurale
, dove Vico, pur con
una certa precauzione, riconosce il ruolo della guerra come strumento ultimo
di affermazione di una giustizia che non è stato possibile attuare con altri
mezzi. Occorre tuttavia distinguere tra i diversi tipi di guerra, e in particolare
tra guerre che sono funeste per il genere umano, cioè quelle che sono innesca-
te dall’avidità di sangue e di oro e che causano distruzione e devastazione, e
guerre che si possono definire ‘umane’ in quanto poggiano sul
ius gentium
(si
tratta di una distinzione reperibile in Tommaso d’Aquino e che si ripresenta in
Vico). Alla luce della riflessione di Grozio, Vico, nelle sue opere maggiori,
riconosce l’esistenza di un diritto della pace e della guerra comune alle genti
minori e ai loro nemici, istituito dal divino ordine delle cose umane. Navarro
Gómez si sofferma, poi, sulla sequenza cronologica vichiana secondo la quale,
nel dispiegarsi storico delle vicende dei popoli, si passa dalle guerre interne –
scontri, tumulti, sommosse della plebe contro i
patres
– alle guerre intraprese
contro nemici esterni. Infine, portando la sua attenzione anche su alcuni passi
del
De uno
e del
De constantia iurisprudentis
, l’autore rileva acutamente che
Vico non parla esplicitamente di ‘guerra giusta’ né accenna alle ‘giuste ragio-
RECENSIONI
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