rare il vecchio. Tale idea è all’origine di una corrente filosofica minoritaria
eppur determinante. Tale indirizzo filosofico, muovendo dal XVIII secolo,
sfocia nello storicismo critico e problematico del XX secolo, che prende le
distanze tanto dal razionalismo quanto dallo storicismo assoluto, riuscendo a
tematizzare i limiti della ragione e a guardarne in faccia le debolezze.
Nel saggio
El rojo y el blanco: notas acerca del papel de las emociones en la
Scienza nuova (pp. 137-149) Gianfrancesco Zanetti discute, attraverso un
esame comparativo del pensiero di Hobbes e Vico, il ruolo delle emozioni nella
genesi della sfera politica. In Hobbes, rileva Zanetti, la razionalità implicita nella
costituzione dello Stato-Leviatano si nutre delle emozioni individuali e in parti-
colare del timore. È, infatti, la paura che spinge gli uomini nello stato di natura
a ragionare e a ponderare, in modo tale che tutti decidono di rinunciare al dirit-
to di ognuno su tutto in nome della pace e della sicurezza generali. Zanetti nota
che gli uomini di Hobbes sono esseri che calcolano e soppesano, dotati di una
razionalità tecnica, guidata dall’emozione ‘bianca’ del timore. In Vico, invece,
restando sempre nella condizione pre-politica, incontriamo uomini ben diversi:
appartati e solitari, essi condividono l’esperienza della paura, ma in questo caso
si tratta del timore umano della divinità. Questo timore spinge i bestioni a se-
dentarizzarsi e a praticare relazioni sessuali in privato, con pudore e vergogna.
Timore e vergogna rappresentano in Vico il collante che tiene unita la società,
ma poiché nell’uomo primitivo il timore emerge in rapporto al sentimento di
una presenza altra che lo osserva e che produce il senso della vergogna, non si
dà il primo senza la seconda, che è un’emozione ‘rossa’, e pertanto sociale. La
razionalità che sviluppano gli uomini, in Vico, prende dunque forma grazie alla
vergogna. La capacità di provar vergogna schiude agli uomini la possibilità di
ingentilirsi, realizzando la civiltà e l’equità. D’altronde, se la razionalità politica
di Hobbes è centrata su un’emozione bianca e quella di Vico su un’emozione
rossa, si spiega anche il diverso peso che la retorica assume nelle loro opere.
Suscettibile di usi senza scrupoli, la retorica è per Hobbes pericolosa, e infatti
egli non intende persuadere il lettore ma offrire una dimostrazione avanzando
con passi ‘timorosi’ a partire da principi auto-evidenti. Lo stile della
Scienza
nuova
, invece, è improntato a emozioni rosse come la vergogna e l’orgoglio (che
hanno priorità sulle emozioni bianche tanto sul piano formale quanto sul piano
dei contenuti: si pensi anche alla ‘boria delle nazioni’): in Vico, come testimonia
anche la sua autobiografia, ha dunque un peso rilevante l’istanza retorica della
persuasione, che richiede una struttura relazionale (nell’arte oratoria è infatti
essenziale la relazione tra colui che parla e colui che ascolta). Poiché la
Scienza
nuova
fa leva su una filosofia della vergogna, del pudore e dell’orgoglio, si può
quindi comprendere lo stile artificioso di Vico, le spirali del suo pensiero, i suoi
miti evocativi, l’attraente bellezza del suo capolavoro.
Nell’articolo
Veinte números de Cuadernos sobre Vico (1991-2007)
(pp.
153-166) – siamo nella seconda sezione della rivista – Miguel A. Pastor Pérez
RECENSIONI
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