fa un bilancio dei contributi che questa rivista ha dato agli studi storico-filoso-
fici tra il 1991 e il 2007. L’A. offre al lettore tanto un’analisi quantitativa quan-
to un’analisi qualitativa dei «Cuadernos»: menziona il numero delle collabora-
zioni (244) e delle traduzioni (58) negli anni di vita della rivista (1991-2007) e
ne distingue i diversi apporti (spagnoli, italiani, messicani, nordamericani, bri-
tannici, tedeschi, francesi, brasiliani, etc.), che testimoniano la caratura inter-
nazionale della rivista. L’architettura interna della rivista si è strutturata e
ampliata col tempo sino a articolarsi nelle sezioni che noi stessi abbiamo indi-
cato all’inizio. Sin dal primo numero i «Cuadernos» hanno messo in luce le
diverse prospettive del fecondo e polisemico apparato tematico dell’opera
vichiana e prestato attenzione alla conoscenza e alla diffusione del pensiero di
Vico nell’ambito filosofico e culturale spagnolo. È invece col secondo numero
(1992) che la rivista comincia ad avvalersi dei contributi di prestigiosi autori
stranieri (Grassi, Costa, Tessitore) per acquistare via via una considerevole
vocazione internazionale, arricchendosi degli apporti di Uscatescu e
Tagliacozzo (1993), Cacciatore (1994), Lomonaco e Ratto (1995-96), Badaloni,
Patella, Pinton, Pompa, Remaud (1997), Botturi, Cantelli e Marassi (1998),
Cristofolini e Nuzzo (2006-2007). L’autore ricorda in particolare il contributo
dei «Cuadernos» al grande evento del 1999, il Convegno internazionale
Giambattista Vico y la cultura europea
, tenutosi a Siviglia dal 4 al 9 ottobre.
Sempre nell’ambito della sezione su Vico e la cultura ispanica Giuseppe
Patella (
Gracián y Vico: creativitad como ingenio
, pp. 167-175) indaga sulla
relazione tra creatività e ingegno alla luce delle riflessioni barocche di Gracián
e Vico. La tesi dell’autore è che il concetto di creatività che ha preso piede nel
pensiero moderno, cioè la creatività come capacità inventiva di cogliere rela-
zioni inesplorate tra le cose, le idee o le parole, ovvero di formulare intuizioni
inaudite rispetto ai rigidi e abituali schemi di pensiero tradizionali, coincide
pienamente con la definizione di ingegno proposta da Gracián e da Vico.
Lasciandosi alle spalle una poetica ancorata ai canoni della mimesi e della
catarsi, Gracián compie un primo passo in direzione di quell’estetica barocca
che, costruendo il proprio edificio programmatico sui principi dell’invenzio-
ne, della complessità, dell’eccentrico, valorizza l’arte e l’artificio come ciò che
permette di superare la natura e la sua accidentalità grazie alla capacità inven-
tiva. Nell’estetica barocca di Gracián si delinea una nozione di creatività quale
potenzialità della mente di creare forme nuove rielaborando e mettendo in
relazione materiali già dati: si profila già, in questo contesto, la nozione di
‘ingegno’ che viene pienamente penetrata e messa a punto da Vico. Nel pen-
satore napoletano l’ingegno, che è in rapporto alla memoria, è una facoltà sin-
tetica e creativa, capace tanto di raccogliere e collegare elementi già dati quan-
to di produrre e scoprire il nuovo. Poiché l’ingegno opera in correlazione con
il sentire, la memoria e la fantasia nell’ambito dell’attività percettiva, il primo
contatto dell’uomo con le cose prende forma evidentemente nella dimensione
RECENSIONI
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