in «Annali della Scuola Normale Superio-
re di Pisa» V (2009) 1-2, pp. 593-620.
Per dichiarata volontà dell’A., questo
articolo saggia le principali linee interpre-
tative di un suo studio più ampio che di
Galiani documenterà gli interessi nel
campo della critica biblica del suo tempo,
così innovando le ben note ricerche di
Nicolini e di Ferrone che non hanno
potuto consultare (perché in manoscritti
e solo da poco ritornati in luce) le
Theses
ex Scriptura sacra
del 1709, le relative
dife-
se
e
censure
(1710), nonché le
denunce
contro Giacomo Laderchi, presentate da
Alessandro Burgos e dallo stesso Galiani
alla Congregazione del sant’Ufficio (pp.
593-594).
La
querelle
mette in campo temi d’in-
teresse vichiano assai delicati a comincia-
re dallo scarto cronologico tra il testo
ebraico della Sacra Scrittura e la Settanta,
per giungere alla diffusa dottrina dei
«preadamiti» di Isaac La Peyère che
identificava la storia della Bibbia con i
soli ebrei, essendo stato il Diluvio limita-
to alla Palestina (pp. 595-596). Sulla por-
tata politico-culturale di questi temi l’in-
terpretazione del Costa è assai penetran-
te, quando riconosce che la difesa dell’or-
todossia non valse a Galiani l’esonero da
critiche e contestazioni. Il che consente di
avvicinarlo a Vico, deciso ad «ampliare la
cronologia di Galiani» e ad inserire «nella
Scienza nuova
, il ‘Supplimento della
Storia Antidiluviana’, [...], inconciliabile
con l’ortodossia cattolica» (p. 600). Non
solo, la comparazione tra le distanze
galianee dal Cudworth e dal Selden e le
polemiche del Vico contro la «cronologia
del paganesimo» (p. 601) a favore della
«Nuova Arte Critica» – conciliata con le
ragioni della «filosofia dell’Autorità» (p.
606) e la condivisione con l’Aulisio della
«leggenda della Settanta» (p. 609) –
offrono materia teorica e sostegno docu-
mentario alla tesi complessiva di Costa,
critico delle interpretazioni ancora fonda-
te sull’inaccettabile opposizione di «un
Galiani illuminato a un Vico oscuranti-
sta» (p. 603). La temuta condanna pub-
blica della santa Sede gravò sempre sul-
l’opera del celestino e, insieme, agì da sti-
molo alla sua funzione culturale, svolta
anche a vantaggio del vichismo: «Sta di
fatto che non pubblicò più nulla […] con
evidente danno della cultura italiana che
perse il contributo di un uomo di talento,
capace di far progredire gli studi ecclesia-
stici. Lo studioso di scienza, di filosofia e
di storia ecclesiastica si trasformò in un
grande operatore di cultura, che non solo
spianò la strada all’Illuminismo del
Mezzogiorno, ma vide nascere dalla criti-
ca biblica a lui vietata la rigogliosa messe
d’idee, di cui è intessuta la
Scienza nuova
di Vico» (p. 620).
[F. L.]
6. D
E
A
MORIM
Sertorio – N
ETO
Silva,
Considerações sobre a gênese do conceito
de barbárie na filosofia italiana
, in
História e Barbárie
, orgs. A. C. dos
Santos, C. Pires, I. Helfer, Aracaju, UFS,
2009, pp. 269-288.
Il concetto di barbarie viene affronta-
to «in un senso ben preciso, cioè come
situazione di crisi
, sequela di un modo di
pensare tipicamente francese, per il quale
troviamo in Italia l’antidoto nell’
umanesi-
mo
di Petrarca e nel
tardo-umanesimo
di
Vico» (pp. 270-271). Con Petrarca infatti
l’obbiettivo ultimo era quello «di trarre
dagli antichi esempi di nobiltà ed eroismo
e dunque imparare come essere ancora
degni degli stessi allori» (p. 274). Si trat-
tava perciò di cogliere non elementi stili-
stico-formali fini a se stessi ma ‘l’anima’
degli autori del passato. Se Petrarca indi-
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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