GENESI E DECADENZA DEL LINGUAGGIO
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Ragione divina, indipendenti dai nostri stati mentali (cognitivo-affetti-
vi): pur prendendo atto della storicità delle parole, della eterogeneità
delle lingue, degli usi disparati che gli uomini fanno dei loro strumenti
comunicativi, Malebranche pensa che le parole non sono pure rappre-
sentazioni psichico-individuali, come voleva Locke
37
, e che il linguaggio
dovrebbe tradurre in sistemi di segni convenzionalmente in vigore nelle
società umane certi contenuti ideali e i loro nessi. Queste oggettualità
ideali hanno la capacità di coordinare la conoscenza e l’azione degli
uomini (nello spazio della
Ratio
universale si danno tanto verità meta-
fisico-scientifiche quanto principi morali) e costituiscono una sorta di
unità trascendentale dei significati e delle lingue. La Ragione universale
malebranchiana fornisce dunque l’ancoraggio e il fondamento meta-
empirico di ogni costruzione linguistica, mentre i suoi singoli item idea-
li formano i poli verso cui dovrebbero orientarsi le parole e le loro con-
nessioni. Il linguaggio, tuttavia, all’interno dei consorzi umani in cui pur
esplica la sua azione di collante sociale, può perdere la sua autentica
finalità, la sua tensione comunicativa e il suo originario orientamento
razionale. Tutto ciò si produce quando esso diviene un semplice feno-
meno acustico puramente meccanico, depauperato di un vero e proprio
valore semantico e comunicativo-relazionale (come gli echi che diffon-
dono la voce dei pastori). Inoltre, a causa delle pratiche linguistiche
dominanti nelle società, gli uomini spesso reputano chiari termini che
non lo sono affatto e che appaiano tali solo per l’uso continuo che se ne
fa
38
. L’abitudine, l’ascolto, l’impiego reiterato di certe parole che in real-
tà non sono connesse a idee chiare portano a immaginare che esse siano
chiare, ma nei fatti il linguaggio ordinario è uno sproloquio perpetuo
un galimatias perpétuel
») che si alimenta di parole ed espressioni uti-
lizzate da tutti – e generalmente si crede di sapere ciò che si è detto o
sentito dire più volte – ma il cui senso resta indeterminato e confuso
39
.
37
«[…] le parole, quindi, nel loro significato primario o immediato, stanno solo per
le
idee nello spirito di chi le adopera
, anche se è imperfetta o approssimativa la maniera in cui
le idee sono raccolte dalle cose che dovrebbero rappresentare» (J. L
OCKE
,
Saggio sull’in-
telletto umano
, a cura di M. e N. Abbagnano, Torino, 1971, rist. 1982, Libro III, cap. II,
§ 2, pp. 475-476). Invece, come appare alla luce dei passi citati, per Malebranche si fa un
cattivo uso delle parole, quando queste cercano di esprimere le idee sensibili (le modifica-
zioni dell’anima), per quanto, alla luce degli esiti teorici della
Recherche de la vérité
, questa
declinazione della funzione linguistica, peraltro di matrice aristotelica (A
RISTOTELE
,
Dell’interpretazione
, I 16a e 23a), ha un significato biologico e sociale importante.
38
RV
,
Éclaircissement XII
,
OC
III, 179;
Œuvres
, I, p. 949.
39
TM
, I, ch. VI, § VIII,
OC
XI, 74;
Œuvres
, II, p. 475.
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