GENESI E DECADENZA DEL LINGUAGGIO
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negli spazi della vita associata – e auspica un lavoro di emendazione
delle pratiche linguistiche ordinarie al fine di rintracciare, nell’interio-
rità del nesso che collega la nostra mente alla Ragione universale, un
linguaggio più profondo, sottratto alle inflessioni e alle fluttuazioni sto-
riche delle mode e dei costumi e il più possibile aderente alle verità
ontologiche e morali inscritte nella
Ratio
divina: si tratta di una dimen-
sione dove diventa prioritario il semantico e dove il semiotico si riduce
ai minimi termini annullando i rischi di una rappresentazione psichico-
soggettiva delle oggettività interrelate racchiuse nello spazio relaziona-
le, ma non riducibile alla sfera umana, della Ragione universale. La cri-
tica malebranchiana del linguaggio comune e la corrispettiva esigenza
di salvaguardare la ‘strumentalità’ razionale della parola – che dovreb-
be essere quel tramite che consente all’uomo di rappresentarsi e comu-
nicare le verità metafisiche, scientifiche e morali – fa tutt’uno con una
radiografia della decadenza della società del proprio tempo, segnata,
secondo l’Oratoriano, da scelte di vita che esprimono una chiara rinun-
cia all’attenzione ai (e all’indagine dei) contenuti onto-assiologici dati
nella Ragione universale per lasciarsi condurre dalla propria sensibilità
e dalle proprie passioni o, più pigramente, dall’immaginazione altrui,
cioè dalle opinioni e dai costumi più in voga (il brano del
Traité de
morale
prima citato è peraltro illuminante sulla posizione e sull’‘umore’
di Malebranche rispetto alla società del suo tempo)
67
. Una tale posizio-
ne non poteva essere totalmente fatta propria da Vico, che, pur condi-
videndo alcune premesse metafisiche dell’Oratoriano
68
, ritiene di dover
67
RV
, II, III, II,
OC
I, 373;
Œuvres
, I, p. 286; I
D
.,
Traité de morale
, I, ch. XII, § II,
OC
XI, 136;
Œuvres
, cit., II, p. 528.
68
In un’orazione del 1719 che non ci è pervenuta, e che fa da preludio all’introdu-
zione alla seconda edizione della
Scienza nuova
, Vico intende dimostrare che i primi
principi delle scienze provengono da Dio e che la luce divina permea tutte le scienze
(G. V
ICO
,
Autobiografia
, in
Opere
, cit., p. 45). A riguardo Apel ha rilevato che questa
operazione di matrice agostiniano-platonica, che tende a spiegare e legittimare il cono-
scere scientifico grazie all’
illuminatio divina
, presenta i tratti, in Vico come in Male-
branche, di un occasionalismo mistico (A
PEL
,
op. cit.
, p. 421). Già Croce, peraltro, ac-
cennava ai punti di contatto tra i due pensatori (B. C
ROCE
,
La filosofia di Giambattista
Vico
, a cura di F. Audisio, Napoli, 1997, pp. 40, 134). Sul rapporto tra Vico e
Malebranche rinvio ad A. L
ANTRUA
,
Malebranche ed il pensiero italiano dal Vico al
Rosmini
, in
Malebranche nel terzo centenario della nascita
, a cure di A. Gemelli, Milano,
1938, pp. 337-360; G. C
OSTA
,
Genesi del concetto vichiano di
fantasia, in
Phantasia~Imaginatio
, V Colloquio internazionale, Roma 9-11 gennaio 1986, a cura di
M. Fattori e M. Bianchi, Roma, 1988, pp. 309-365, in partic. pp. 329-333 e 340-348 ;