«HISTORIA SINCERA»
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sistema di
segni
indicanti
presenze:
ogni significato sarebbe stato impo-
sto come segno della presenza di qualcosa, essendo – Heidegger
docet –
la presenza il senso stesso dell’essere dell’ente metafisicamente inteso
6
.
Pensare allora il testo al di fuori o al di là di una simile impostazio-
ne – quindi anche oltre la sua violenza – significa innanzi tutto
liberar-
si
dell’idea del segno e della presenza
7
. Derrida propone l’idea di
trac-
cia
appunto per intendere qualcosa che ha in sé il senso della perdita
irreparabile, l’idea di un passato inattualizzabile e irripresentabile –
dunque anche sempre
irrapresentabile
. La traccia è qualcosa di
differen-
te
dal segno, parla di una perdita – della perdita del presente stesso, del
riferimento del segno – e per parlarne sbarra la strada all’
hybris
meta-
fisica che vorrebbe rimediare alla perdita restaurandola in una sempli-
ce presenza
8
. La
decostruzione
può allora essere pensata come il cammi-
no di liberazione da questa tracotanza, atta a restituire a ogni segno la
sua essenza di traccia, svincolandolo dall’obbligo della significazione
univoca, dell’
intenzionalità,
e quindi anche del
soggetto
e della sua
volontà di potenza
9
.
La
Grammatologia
stessa, in quanto
scienza,
cioè
5
Cfr. J. T
RABANT
,
La scienza nuova dei segni antichi
, cit., pp. 119-137, dove viene
argomentata dettagliatamente non solo «una resistenza […] di Derrida a dare lo spa-
zio dovuto alla tradizione anti-logocentrica, grammatologica, del pensiero europeo»
(ivi, p. 125) incarnata proprio da Vico, ma anche l’inesattezza filologica dei riferimen-
ti compiuti da Derrida stesso alle opere del pensatore napoletano.
6
J. D
ERRIDA
,
Della grammatologia,
cit., p. 31: «il fonocentrismo si confonde con la
determinazione istoriale del senso dell’essere in generale come
presenza
[…] il logocen-
trismo sarebbe dunque solidale con la determinazione dell’essere dell’ente come pre-
senza».
7
J. D
ERRIDA
,
Margini della filosofia
[
Marges – de la philosophie,
Paris, Les Éditions
de Minuit 1972], tr. it. Torino, 1997, p. 40: «la
différance
è ciò che fa sì che il movimen-
to della significazione sia possibile solo a condizione che ciascun elemento cosiddetto
‘presente’, che appare sulla scena della presenza, si rapporti a qualcosa di altro da sé,
conservando in sé il marchio dell’elemento passato e lasciandosi già solcare dal marchio
del suo rapporto all’elemento futuro».
8
J. D
ERRIDA
,
Della grammatologia,
cit., p. 78: «l’immotivazione della traccia dev’es-
sere ora intesa come un’operazione e non come uno stato, come un movimento attivo,
una de-motivazione, e non come una struttura data. Scienza dell’‘arbitrarietà del
segno’, scienza dell’immotivazione della traccia, scienza della scrittura prima della
parola e nella parola».
9
I
D
.,
Margini della filosofia,
cit., p. 50: «ovunque, è il predominio dell’ente che la
différance
viene a sollecitare, nel senso in cui
sollicitare
significa, nel latino antico, far
vacillare nel suo insieme, far tremare nella sua totalità. […] Prima conseguenza: la
dif-
férance
non è. Essa non è un essente-presente […]. Essa non comanda nulla, non regna
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