ANDREA SANGIACOMO
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vise dal maggior numero di autori e che possono pertanto essere consi-
derate l’insegnamento generale e persistente della Bibbia, a partire
dalle quali, a loro volta, approcciare la conoscenza delle dottrine parti-
colari di ciascun autore e delle sue motivazioni. È proprio quest’ultimo
passo che risulta problematico. Tuttavia, è esattamente tale problema-
ticità il dato che rende
razionalmente illegittima
ogni operazione di
sfruttamento del testo stesso a fini propagandistici. Contro i dogmatici
che pretendono di innalzare la loro lettura assolutistica della Bibbia a
principio legittimante del loro potere, ancor prima che a canone di
verità universale, il metodo razionalistico di Spinoza si preoccupa di
dimostrare come, al di là delle dottrine più generali e universalmente
comprensibili a tutti – cioè tali da non poter essere considerate prero-
gativa esclusiva di un certo gruppo –, una conoscenza dettagliata, uni-
voca e perfetta della Sacra Scrittura sia di fatto impossibile. La funzio-
ne politica del metodo razionale, è, in tal senso, proprio quella di
dele-
gittimare
ogni violenza ideologica sul testo e quindi ogni violenza poli-
tica che pretenderebbe fondarvisi
22
.
Ora, se l’intento esplicito dell’opera è tutelare la reciproca indipen-
denza di religione e filosofia, ragione e immaginazione
23
, questa esigenza
sembra in effetti mostrare un’intrinseca tensione dialettica che spinge la
ragione verso il ruolo di fondamento e garante della religione stessa
24
. La
22
Sul tema, cfr. E. G
IANCOTTI
,
Religione e politica in Spinoza,
in I
D
.,
Studi su
Hobbes e Spinoza,
Napoli, 1995, pp. 325-340. In merito, cfr. anche P. C
RISTOFOLINI
,
L’uomo libero. L’eresia spinozista alle radici dell’Europa moderna,
Pisa, 2007.
23
Cfr. TTP15, 9: «ho mostrato infatti in che modo la filosofia si debba separare
dalla teologia e in che cosa ciascuna soprattutto consista; poi, che nessuna delle due è
ancella dell’altra, ma ciascuna possiede il suo regno senza contraddire per nulla il regno
dell’altra».
24
Sull’irriducibilità di questa tensione dialettica all’interno del TTP, cfr. A. T
OSEL
,
Que
faire avec le Traité théologico-politique? Réforme de l’imaginaire religieux et/ou introduction
à la philosophie?
, in «Kairos» XI (1998), pp. 167-193. In quest’ottica appare senz’altro
rivelatrice e meritevole di attenta meditazione quanto Spinoza scriveva nei
Pensieri me-
tafisici
(CM2, 8): «la verità non si oppone alla verità né la Scrittura può insegnare le scioc-
chezze che vengono comunemente immaginate. Se infatti in essa trovassimo qualcosa che
fosse contrario al lume naturale, potremmo respingerla con la stessa libertà con la quale
respingiamo il Corano e il Talmud. Ma ci si astenga dal pensare che nella Sacra Scrittura
si possa trovare qualcosa che ripugni al lume naturale». A un primo esame, il TTP fareb-
be pensare che per Spinoza in realtà la Scrittura
possa
insegnare qualcosa che ripugna al
lume naturale, solo perché insegnare la verità non è il suo fine, sicché non è però nemme-
no lecito respingere la Scrittura sulla base di ciò. Tuttavia, a un livello più profondo, sem-
pre il TTP sembra lasciar aperta la possibilità che il fondamento stesso della dottrina inse-
gnata dalla Scrittura sia in effetti congruente e accessibile al lume naturale.
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