ANDREA SANGIACOMO
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Il nome è una
voce
con cui significhiamo o indichiamo ciò che cade
sotto l’intelletto,
e poiché tutto ciò che cade sotto l’intelletto sono o
cose in sé o predicati di cose – o la sostanza, oppure attributi o modi
della sostanza, per dirla con l’
Etica
– ogni forma grammaticale può
essere ricondotta alla sua natura nominale
e in virtù di ciò, dunque, alla
sua natura razionale,
essendo l’intelletto stesso il fondamento del nome.
Si badi: Spinoza non sta deducendo qualcosa dall’
historia sincera
della
lingua, ma, ben al contrario, sta ponendo l’assioma di fondo a partire
dal quale costruire questa
historia.
Proprio su queste basi, l’asserita indipendenza di religione e filoso-
fia, ragione e immaginazione, sembra in tal senso destinata al collasso:
la ragione, nel suo tentativo di
leggere
l’immaginazione per giungere
alle cose stesse,
o, per lo meno, ai tratti costanti e comuni dell’immagi-
nario, sembra inevitabilmente ridurre a mero apparato
retorico
quelle
stesse tracce che intende leggere. In tal senso, l’
historia sincera
della
Sacra Scrittura parrebbe servire proprio a
vincolare
quel di più, tipico
dell’immaginazione, sfrondando la sovrabbondanza di significati possi-
bili e permettendo di indicare la via univoca e certa da seguire per
andare
oltre
il testo:
la Scrittura si può chiamare propriamente parola di Dio solo in ragione della
religione, ossia in ragione della legge divina universale. […] Essa sarebbe
ugualmente divina anche se fosse scritta con altre parole o in una lingua diver-
sa (TTP12, 10).
Eppure, questo esito
non è
quello che Spinoza – almeno esplicita-
mente –
avrebbe voluto
affermare o perseguire. Anzi, se assumessimo
che le sue dichiarazioni esplicite siano
sincere
, possiamo pensare che, se
la tensione dialettica appena enucleata non riesce a trovare un suo equi-
librio stabile mantenendo realmente la reciproca indipendenza di
ragione e immaginazione, deve evidentemente esserci una falla nel
discorso
33
. Proprio la riflessione vichiana mostrerà dove.
33
P. F. M
OREAU
,
Spinoza. L’expérience et l’éternité,
Paris, 1994, segnatamente pp.
307-378 presenta un’analisi di grande interesse e profondità sul tema del linguaggio in
Spinoza e sul suo rapporto con l’esperienza, concludendo (ivi p. 368): «le rationalisme
absolu de Spinoza, en faisant place à l’expérience, se ménage le moyen de penser aussi
ce qui échappe à l’immédiateté de la Raison. […] Pour Spinoza, constituer une langue
philosophique ne suppose pas de faire table rase de la langue commune. Il s’agit plu-
tôt de prendre acte de la valeur imaginative des mots et de les transformer en instru-
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