«HISTORIA SINCERA»
59
3.
Critica della ragione impura: analitica.
A prima vista, il
metodo
della
Scienza nuova,
sembra una dramma-
tizzazione barocca – e quindi anche una temporalizzazione – dell’im-
pianto spinoziano
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: la riflessione deve partire là dove inizia la materia
stessa di cui essa intende trattare e poiché in origine gli uomini erano
nient’altro che
bestioni
interamente trascinati dalle passioni, è dalla
condizione di questi che bisogna principiare:
ments quasi conceptuels. Si tout langage est un fait d’expérience, le mot quasi concep-
tuel est la condensation de cette expérience». Dove il nostro rilievo si inserisce proprio
rimarcando che la priorità che la ragione assume facendo del linguaggio un suo stru-
mento e trovando nella parola l’immagine di un concetto – dunque subordinandola a
sé –, rende problematica quella reciproca indipendenza di ragione e immaginazione
che il TTP dovrebbe proporsi di difendere. Pur non potendo esaminare a fondo il
posto che il
Compendio
occupa nella produzione spinoziana e i problemi di coerenza
interna che introduce con gli altri testi, basti aver qui almeno segnalato la questione e
sottolineato la difficoltà spinoziana di gestire ad un tempo la differenza e la convergen-
za di ragione e immaginazione.
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J.C. M
ORRISON
(
Vico and Spinoza
, in «Journal of the History of Ideas» XLI, 1980,
1, pp. 49-68), ha argomentato come sia Spinoza che Vico si inscrivano nel processo di
secolarizzazione
del divino e, ad esempio, legge la
discoverta del vero Omero
come una
reinterpretazione vichiana alla decostruzione svolta da Spinoza in merito alla paternità
mosaica del
Pentateuco
. Vico stesso sfrutterebbe anzi nella sua
Tavola Cronologica,
i
risultati dell’analisi spinoziana, per cui la rivelazione a Mosè sul Sinai precederebbe
l’epoca in cui comparvero le prime lingue articolate, sicché il testo del
Pentateuco
non
potrebbe essere considerato come originariamente scritto da Mosè almeno nella forma
tramandataci. Parimenti, così come per l’interpretazione della Bibbia sarebbe necessa-
rio assumerne la natura umana e quindi contestualizzare il testo nell’epoca della sua
redazione, così per Vico la storia stessa deve essere intesa come essenzialmente fatta
dagli uomini e la sua spiegazione non può quindi essere teocentrica ma antropocentri-
ca. J. S. P
REUS
(
Spinoza, Vico, and the Imagination of Religion,
in «Journal of the History
of Ideas» L, 1989, 1, pp. 71-93), ha visto nelle due figure vichiane della
boria delle nazio-
ni
e della
boria dei dotti,
la generalizzazione e la storicizzazione degli atteggiamenti scet-
tici e dogmatici combattuti da Spinoza nel
Trattato.
Più in generale, quindi, Vico avreb-
be
storicizzato
– cioè considerato
sub specie temporis –
l’orizzonte critico e analitico spi-
noziano trasformando la gerarchia tra i modi di conoscenza in una successione diacro-
nica, e giungendo a focalizzare decisamente l’attenzione sulla centralità dell’immagina-
zione e delle sue figure. In tal senso, nota lo studioso, si può vedere nello stesso
univer-
sale fantastico
vichiano l’approfondimento dei rilievi volti in senso negativo intorno
all’inadeguatezza degli universali (cfr. E2P40S1), anche se – va anticipato – l’universale
spinoziano si limita a essere un concetto
confuso,
mentre quello vichiano si propone
come un modello di significazione aperta e sempre implementabile. Sulla critica – comu-
ne a Spinoza e Vico – al principio d’autorità e alla sua pretesa equivalenza con l’antichi-
tà delle fonti, cfr. O. R
EMAUD
,
La crisi dell’autorità: un confronto tra Vico e Spinoza
, in