ANDREA SANGIACOMO
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noi in quanto sorgente delle
violentissime passioni
che sono materia
delle prime idee. In tal senso, la voce, originariamente, non dà voce a
ciò che cade sotto l’intelletto, propriamente non dà nemmeno voce
alle
proprie passioni,
non è affatto – di contro a Rousseau – un mezzo con
cui un soggetto esprima un certo contenuto o stato d’animo, magari al
fine di
comunicarlo ad altri
: essa è
tutt’uno
con la passione stessa, è anzi
il corpo medesimo di quella passione, la sua traccia, che sorge di per sé,
come pura espressione, senza alcun intento strettamente comunicativo o
dialogico – e in tal senso, fa tutt’uno anche con la scrittura, originaria-
mente scrittura mimica e gestuale del corpo,
geroglifica
appunto
43
.
Da un certo punto di vista, anche per Spinoza «la mente umana non
percepisce alcun corpo esterno come esistente in atto se non mediante
le idee delle affezioni del suo corpo» (E2P26), ossia conosce innanzi
tutto il modo in cui gli altri corpi affettano il nostro – e quindi
immagi-
na
quei corpi a partire dal loro potere causale su di noi. Per Vico, tut-
tavia, ciò che affetta il corpo dei primi bestioni, nel momento del loro
trapasso dall’animalità all’umanità, non sono semplicemente
corpi ester-
ni,
non sono singole affezioni particolari, quanto l’irruzione stessa del
divino, cioè dell’assolutamente ignoto, angosciante e incombente:
il cielo finalmente folgorò, tuonò con folgori e tuoni spaventosissimi, come
dovett’avvenire per introdursi nell’aria la prima volta un’impressione sì violen-
ta. Quivi pochi giganti, che dovetter esser gli più robusti, […] spaventati ed
attoniti dal grand’effetto di che non sapevano la cagione, alzarono gli occhi ed
avvertirono il cielo (
Sn44
, §377).
Quel
cielo
non poteva però essere ciò che per le
nostre ingentilite
nature
è oggi il ‘cielo’. Era piuttosto il corpo stesso di Giove, il luogo
del dio. Tutti gli animali
vedono
il cielo, ma fu solo dal
tremendum
di
un’esperienza primordiale capitata a pochi, che quel cielo iniziò a esse-
43
Cfr.
Sn44
, §§428-429: «dalla teologia de’ poeti o sia dalla metafisica poetica, per
mezzo della indi nata poetica logica, andiamo a scuoprire l’origine delle lingue e delle
lettere, d’intorno alle quali sono tante l’oppenioni quanti sono i dotti che n’hanno scrit-
to. […] Ma la difficultà della guisa fu fatta da tutti i dotti per ciò: ch’essi stimarono cose
separate l’origini delle lettere dall’origini delle lingue, le quali erano per natura con-
gionte; e ‘l dovevano pur avvertire dalle voci ‘grammatica’ e ‘caratteri’. Dalla prima, ché
‘gramatica’ si diffinisce ‘arte di parlare’ e ‘
grammata
’ sono le lettere […]. Dipoi ‘carat-
teri’ voglion dire ‘idee’, ‘forme’, ‘modelli’, e certamente fuorno innanzi que’ de’ poeti
che quelli de’ suoni articolati».