«HISTORIA SINCERA»
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la provvedenza fu appellata ‘divinità’ da ‘
divinari’,
‘indovinare’, ovvero inten-
dere o ‘l nascosto agli uomini, ch’è l’avvenire, o ‘l nascosto degli uomini, ch’è
la coscienza (
Sn44
, §342).
Il vero contenuto semantico del mito, in quest’ottica, non è tanto
ciò
che univocamente gli si può far dire, quanto piuttosto l’insieme delle
sue potenzialità semantiche: l’ampiezza della sua ambiguità.
Questo discorso non implica un’apologia dei primordi e in nessun
modo indulge nel
mito del buon selvaggio:
per Vico non ci sono ‘buoni
selvaggi’, ma feroci bestioni, abitanti della «grande antichissima selva
per entro a cui divagano con nefario ferino errore le brutte fiere
d’Orfeo» (
Sn44
, §336). Implica invece la
necessità
di riconoscere i limi-
ti imposti alla ragione e alla sua lettura del passato dalla natura stessa
di quel passato. Un linguaggio
essenzialmente
indefinito, come quello
della
lingua muta degli dèi, non poteva dire
alcuna verità razionale – cioè
universale, necessaria, astratta –, meglio, quel linguaggio
dovette
quindi
deve
anche nella nostra lettura e
dovrà
in generale – parlare e
risuonare in modo del tutto diverso. Anche ammesso che noi fossimo
giunti a conoscere la vera essenza delle cose, questa conoscenza è del
tutto inutile a intendere ciò che fummo e quindi anche il cammino che
ci ha portati ad essa, perché in principio queste cose, così intese, erano
semplicemente
inconcepibili.
La
discoverta
vichiana della logica poetica
risolve la dialettica spinoziana tra immaginazione e ragione in quanto
individua la struttura stessa del pensare fantastico – nella
metafora
e,
più in generale, nello stesso
universale fantastico –
e dimostra l’inassi-
milabilità di tale struttura rispetto alla logica
dell’età degli uomini,
in
quanto quest’ultima si costituisce proprio come progressiva riduzione
dell’indeterminatezza caratteristica della prima.
Alla luce di tale discorso, la definizione del
nome
pensata da Spinoza
nel suo
Compendio,
può
a ragione
esser considerata falsa – o quantome-
no parziale e storicamente determinata, valida cioè solo per l’ultima fase
dello sviluppo linguistico, caratterizzato dall’
intendere con mente pura.
Con ciò, la possibilità di una riassimilazione dell’immaginario nell’ele-
sale fantastico
, in
Vico und die zeichen. Vico e i segni
, a cura di J. Trabant, Tübingen, 1995,
pp. 81-92. Sul tema, cfr. anche G. W
OHLFART
,
Vico e il carattere poetico del linguaggio
, in
questo «Bollettino» XI (1981), pp. 56-95; D. D
I
C
ESARE
,
Sul concetto di metafora in G. B.
Vico
, ivi XVI (1986), pp. 325-334. La valorizzazione dell’a-razionalità dell’universale fan-
tastico non implica tuttavia un intento irrazionalista della
Scienza nuova
. Sulla complessa
rielaborazione della ‘ragione’ vichiana e del suo ruolo anche politico, cfr. anzi P. G
IRARD
,
Giambattista Vico. Rationalité et politique. Une lecture de la Scienza nuova
, Paris, 2008.
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