ANDREA SANGIACOMO
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possibili. Interpretare qualcosa del genere, non implicherebbe allora
ridurre tutti i significati impliciti all’unico presunto autentico, ma indi-
viduare quell’unico senso che
almeno
deve necessariamente essere
ammesso e compreso da tutti. In tal modo, la riconduzione del senso
immaginativo a quello razionale, non implica un impoverimento, ma la
discoverta
di un fondamento minimale, che non pretende di essere l’es-
senza di ogni altro, ponendosi piuttosto come uno spazio comune –
pubblico –
a partire dal quale gli altri possano incontrarsi tra loro
45
.
A fondamento di tutto ciò, deve essere posta una diversa concezio-
ne del linguaggio medesimo, da intendere non più come semplice stru-
mento di
significazione
delle cose e da cui pretendere dunque la massi-
ma esattezza possibile. In Spinoza, il progetto dell’
emendatio intellec-
tus,
si articola necessariamente anche in una
emendatio linguae
che con-
senta di definire i termini del discorso in modo univoco e rigoroso, ren-
dendoli capaci di inserirsi nel
mos geometricus
. Se il
Compendio
è un
buon esempio della realizzazione a livello grammaticale di questo
intento, tutta la sua filosofia, in generale, procede a un costante lavoro
di ridefinizione dei termini tradizionali di cui si serve, cercando di ren-
derli omogenei al piano complessivo e al ruolo loro assegnato nel qua-
dro generale di una diversa ontologia
46
.
Tuttavia, l’essenza più originaria del linguaggio non sta e non può
stare, come mostra Vico, in questa esattezza bensì nel suo opposto: la
lingua perfetta –
cioè il cui senso fosse sempre univocamente determi-
nato – è un’utopia della ragione
47
. Ciò con cui bisogna imparare a fare
45
Nella logica poetica dell’
universale fantastico,
ogni nuova esperienza aggiunge
ulteriori determinazioni al soggetto dell’universale stesso e con ciò implica anche una
parziale ridefinizione del suo senso globale. In quest’ottica, l’azione della ragione con-
sisterebbe nell’individuazione di uno
zoccolo duro
del senso, un’invarianza, una
nozio-
ne comune
capace di dire l’identico
nel
e
del
diverso, con ciò anche, quindi, ponendo
un limite che non appartiene alla logica poetica come tale, ma che non è una
contra-ddi-
zione
della sua infinitudine, giacché non intende negarla, ma enuclearne una parte,
sapendo che è una parte.
46
Sul problema interno al sistema di Spinoza circa l’uso di un duplice livello di ter-
mini, l’uno assunto nel senso tradizionale e criticato, l’altro ‘emendato’ secondo il senso
che a quegli stessi termini va attribuito nel sistema stesso, cfr. R. D
IODATO
,
Note sul lin-
guaggio in Spinoza
, «Philo-Logica» IV (1995) 7, pp. 77-92.
47
Il tentativo di costruire una lingua perfetta che potesse finalmente superare le
ambiguità tipiche del linguaggio comune e rappresentare univocamente la realtà, ha
attraversato buona parte dell’età moderna. Il presupposto di questa impresa era preci-
samente l’assunzione del linguaggio come mero strumento semiotico e convenzionale,
ed è interessante notare che una delle ragioni del fallimento sia stata anche l’impossibi-
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