sto modello si orienterà il Vico della terza
Orazione inaugurale
e del
De
antiquissima
, soprattutto nella parte di quest’opera (V, 1) dedicata al
contrassegno dell’«immortalità», riconosciuta alla divinità e, per parte-
cipazione, all’anima degli uomini, trasformati, perciò, da bestie a «gen-
tes humanas» ma senza la possibilità di costruzione di un disegno uni-
versale, «sino sólo
casi
universal». In essi si radica la formazione di quel-
lo
ius gentium
, espressione della necessità di creare istituzioni comuni a
diverse genti, non sempre conciliabili con le prerogative dello
ius natu-
rale
. Perciò Navarro avvia un’analisi dettagliata delle diverse accezioni
dello
ius gentium
, partendo dalla dicotomia riscontrabile nell’
Oratio V
tra
fas nationum
e
ius gentium
fino alla confusa riduzione al naturale-
positivo, secondo una «postura ecléctica» che ha contrassegnato anche
le posizioni di «buena parte de la Reforma y de los contractualistas»
25
.
Senza nessuna pretesa di esaustiva ricognizione l’A. avverte l’esigen-
za di inquadrare le tesi vichiane in un preciso orizzonte spazio-tempo-
rale, alla luce di una questione centrale nella sua indagine: la coinciden-
za del diritto naturale con quello delle genti in relazione ai problemi
sollevati dalla «consuetudinariedad» e dalla «inmutabilidad» dello
ius
.
Il tema richiede all’interprete una sintetica ma efficace esposizione di
tutte le posizioni coinvolte, da Aristotele a Seneca, passando per
Cicerone e S. Isidoro, Accursio, Bartolo e Baldo fino a Suarez che iden-
tifica lo
ius gentium
con quello naturale e distingue tra uno
ius utile
e
uno
onesto
, tra lo
ius gentium
primario e il
secondario
. Interessante è la
rilevata coincidenza con il filosofo e giurista spagnolo sul valore ogget-
tivo che egli assegna alla legge, confermandone la «obligatoriedad
intrínseca»
26
. Da analoghi presupposti parte Grozio, dal concetto ari-
stotelico di ‘animale socievole’ ma il suo diritto naturale è dichiarata-
mente esito di un «dictatem rectae rationis», distinto dal positivo, a suo
volta distinto in
civile
e in
ius gentium
, quest’ultimo sulla base di un
consenso stabilito tra le diverse unità nazionali.
La presenza del giurista di Delft è destinata a riproporsi in molte
pagine dello studio, discussa naturalmente in funzione di Vico ma
anche delle sue fonti nella cultura europea tra Seicento e Settecento,
per riconoscere nell’autore del
De iure belli ac pacis
il teorico della com-
ponente volontaria e di quella necessaria-razionale del diritto delle
genti e in Hobbes colui che «establece una distinción radical entre los
SULLA TRADUZIONE SPAGNOLA DEL
DIRITTO UNIVERSALE
87
25
Ivi, pp. 20, 23.
26
Ivi, pp. 46, 52.