vuota e dispersiva singolarità, occorre convergere in un processo comu-
ne e costante di incivilimento che uniforma ogni esperienza di pensie-
ro e di vita giuridica indipendentemente da un’eventuale influenza
esterna. A quest’ultima resta, invece, legata l’ipotesi di una «comunica-
zione» del diritto, accolta da Gravina per documentare l’origine greca
delle XII Tavole. Insistere sulla possibile trasmissione di ogni produzio-
ne dello
ius
significa dare spazio a una considerazione estrinseca del
diritto, negazione di storicità che la
costanza
del suo sviluppo mostra
efficacemente. La scienza di Vico è nuova perché ripropone e riformu-
la la delicata questione filosofica dei rapporti tra universale e particola-
re, tra il principio naturale del diritto (
ius naturale
) e l’accertamento
delle sue manifestazioni nel corso delle civili nazioni (
ius naturale gen-
tium
). Proprio nel rispetto della legge e della sua
ratio
che la vuole con-
forme «ad factum» – scrive Vico, nel 1744, sviluppando una riflessione
avviata nel capitolo LXXXI del
De uno
– «le menti degli uomini parti-
colari, che son appassionate ciascuna del proprio utile, si conformava-
no in un’idea spassionata di comune utilità» in «un genere di ciò nello
che quei particolari sono uniformi tra loro»
43
. L’ordine universale non
è più quello
cosmico
da decifrare, ma il
civile
che gli uomini fanno nella
dignità del loro agire. Quest’ultimo, diversamente dai particolari e
occasionali comportamenti, si traduce in una
costanza
e in una
struttu-
ra
riconoscibili nella vita delle nazioni, in un
universale
che è la loro
comune natura. Il riferimento all’uniforme giuridico non è richiamo
SULLA TRADUZIONE SPAGNOLA DEL
DIRITTO UNIVERSALE
97
de’perpetui lavori che si farà in questi libri: in dimostrare che ‘l diritto natural delle genti
nacque privatamente appo i popoli senza sapere nulla gli uni degli altri; e che poi, con
l’occasioni di guerre, ambasciarie, allianze, commerzi, si riconobbe comune a tutto il
gener umano» (
Sn44
, capov. 146, poi in
O
, t. I, pp. 499-500).
43
Cfr.
De uno
, cap. LXXXI, p. 99 e
Sn44
, capovv. 1041, 1040, poi in
O
, t. I, p. 928.
All’ «unità dello spirito umano […], il grande principio, sul quale si fonda tutta la
Scienza
nuova
» e alla «conseguente necessità che la storia proceda secondo ‘idee uniformi’» si è
richiamato G. D
EL
V
ECCHIO
in
La comunicabilità del diritto e le idee del Vico
, in «La
Critica» IX (1911) 1, in partic. pp. 3-13 (dell’estratto), sviluppo e integrazione delle tesi
discusse in
Sulla dottrina della comunicabilità del diritto
, appendice a
Sull’idea di una
scienza del diritto universale comparato.
Comunicazione letta al Congresso filosofico di
Heidelberg (4 settembre 1908), Torino, 1909², pp. 29-34. Interessante è, altresì, la breve
Nota
che Croce dedica a queste pagine e alla relativa polemica di G. Folchieri (cfr. «La
Critica» VIII, 1910, 4, pp. 295-300 e, ivi IX, 1911, 2, pp. 158-160), per ribadire – a pro-
posito delle aporie emerse dalla tesi della «comunicazione» – alcuni ‘luoghi’ emblemati-
ci della sua interpretazione della
filosofia
di Vico, tesa a denunciare «gli arbitrii, le diffi-
coltà e le oscurità dell’opera sua», imputabili al tentativo di voler «ora irrigidire la storia
e la scienza empirica, ora
storicizzare la filosofia
» (ivi IX, 1911, 2, p. 160, corsivo mio).