accademica, Wang Hui e Huang Ping, ha
assunto ancor più una connotazione di
piattaforma di dialogo per l’
intelligentsia
cinese; nel 2007 i due sono stati sostituiti
senza spiegazioni, ma l’interpretazione
più diffusa è che l’editore abbia voluto
arginare una sorta di ‘deriva’ della rivista,
che era stata additata come voce della
‘nuova sinistra cinese’ da alcuni intellet-
tuali di visione più liberale. In generale,
come nota Zhang Yongle in
Dushu and
the Chinese Intelligentsia
(«New Left
Review» XLIX, 2008), «il periodico
rispecchia da sempre una visione lineare
della storia e della modernizzazione, il cui
sguardo è rivolto sempre all’occidente
come modello precursore». Oggi, i toni
della rivista risultano più moderati, ma i
temi trattati continuano a rappresentare
in modo piuttosto completo le idee cor-
renti degli intellettuali cinesi.
L’autrice del saggio, la traduttrice
Peng Shanshan, inizia col rilevare, negli
scritti di Isaiah Berlin, la presenza di due
diversi Giambattista Vico: uno più defini-
to, l’altro più nebuloso e problematico. Il
primo Vico (cronologicamente successivo
nel percorso del pensiero di Berlin) emer-
ge a partire al 1979 (in particolare in alcu-
ni saggi raccolti in
Against the Current
del
1979 ed in
The Crooked Timber of
Humanity
del 1990; entrambe le opere
sono tradotte in cinese). La seconda
immagine di Vico si trova invece nell’ope-
ra del 1976
Vico and Herder
(ancora mai
tradotta in cinese). Secondo il parere
dell’A., nella transizione da un Vico ‘sfo-
cato’ ad uno ‘definito’, Berlin strumenta-
lizzerebbe parzialmente il pensiero
vichiano, mescolandolo fortemente con il
proprio (p. 93) e tacendo coscientemente
le incongruenze tra le proprie idee e quel-
le di Vico, nel tentativo di integrare ‘plu-
ralismo’ e ‘liberalismo’, ‘romanticismo’ e
‘illuminismo’. Il fondamento di questa
integrazione starebbe nella necessità di
‘addomesticare’ gli animi del XX secolo
(p. 99).
Peraltro, conclude l’A., entrambe le
figure di Vico delineate negli scritti di
Berlin portano, in modo più o meno pro-
fondo, il marchio personale del filosofo
di Oxford che, nel processo di interpre-
tazione del pensiero vichiano, ha espres-
so la propria peculiare personalità filoso-
fica.
[E. R.]
21. S
AINT
G
IRONS
Baldine,
L’atto estetico.
Un saggio in cinquanta questioni,
Mode-
na, Mucchi Editore, 2010, cap. II: «Uni-
versali d’immaginazione», pp. 61-81.
Lungo il suo percorso d’indagine
sulla natura dell’atto estetico, Baldine
Saint Girons fa tappa sul concetto vichia-
no di
universali fantastici
, ridefiniti «uni-
versali d’immaginazione», perché «con-
viene evitare l’aggettivo
fantastico
, che
oggi si ricollega a un genere artistico ben
determinato e si scontra con l’idea del
verosimile»; non si tratta poi qui, di «una
forma d’immaginazione irreale e strava-
gante», ma di «un’immaginazione (
fanta-
sia
) integra e completa, di cui si deve
appunto fondare la scienza» (p. 64).
L’atto estetico, nella particolare lettu-
ra della Saint Girons, è insieme appro-
priazione del sensibile e suo rimodella-
mento, farsi Altro e insieme costituirsi e
percepirsi come soggetto, pensare ed
arricchire il mondo. In questa prospetti-
va, la straordinaria formulazione degli
universali fantastici nella
Scienza nuova
offre molte indicazioni illuminanti, che la
Saint Girons non manca di raccogliere.
La definizione del linguaggio dei primi
uomini come naturalmente ed essenzial-
mente
poetico
, la poesia quindi pensata
come ‘fare’ introducono ad un percorso –
AVVISATORE BIBLIOGRAFICO
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